Voltare pagina in Kenya
Le elezioni presidenziali keniane del 26 ottobre saranno ricordate come le più contestate nella storia del paese. Di fronte all’invito al boicottaggio da parte dell’opposizione e all’impossibilità di votare in alcune circoscrizioni del paese, l’altissima percentuale di voti ottenuta dal presidente uscente, Uhuru Kenyatta, non avrà un gran valore.
Kenyatta ha pochi motivi per essere fiero: il suo è un trionfo senza gloria. Ma è con un certo sollievo che assistiamo alla fine di un processo elettorale che ha messo a dura prova la democrazia keniana e ha indebolito l’economia del paese. L’affluenza alle urne è stata molto bassa, il 38,8 per cento. Hanno votato soprattutto i sostenitori del presidente uscente. Non c’è da stupirsi che abbia preso più del 98 per cento delle preferenze. Kenyatta, però, non deve fare errori di valutazione e non deve festeggiare, poiché l’unica verità è che sarà il presidente di un paese diviso.
La disoccupazione diffusa, l’aumento delle disuguaglianze e il terrorismo erano le sfide che chiunque fosse stato eletto avrebbe dovuto affrontare. Ora, dopo la tensione e le violenze provocate dal processo elettorale, si aggiunge anche la questione della riconciliazione nazionale.
Questo significherà, tra le altre cose, condividere il potere. La coalizione dell’opposizione keniana dovrà essere coinvolta nell’amministrazione del paese. Per questo servirà un discorso meno autocelebrativo di quello pronunciato da Kenyatta subito dopo la vittoria.
Prima volterà pagina, più facile sarà il suo compito.