Basi militari per il deposito unico delle scorie nucleari: mistero sui possibili siti. Ma la Sardegna è già in allarme
L’articolo 11 del Decreto Energia in fase di conversione alla Camera apre a poligoni ed ex arsenali, numerosi nell’Isola. Ma i tempi potrebbero slittare e l’iter per il sito idoneo è ancora lungo. Silenzio sulle autocandidature già presentate che andranno ad aggiungersi ai 51 già individuati
di Antonella Loi 22-01-2024 – 10:54
Scorie nucleari (Ansa)
Cinquantuno siti idonei a ospitare il Deposito nazionale unico di scorie nucleari, ovvero quell’immenso contenitore di residui radioattivi delle centrali nucleari dismesse ma anche derivanti da applicazioni mediche e industriali, a bassa e media intensità, che in pochi vorrebbero in casa. La Carta nazionale delle aree idonee (Cnai), elaborata dalla società dello Stato, Sogin, colloca i segnaposto in luoghi sparsi in sei Regioni, cioè Lazio, Piemonte, Sardegna, Puglia, Basilicata e Sicilia. Siti civili che possono essere ampliati come numero sulla base di “candidature volontarie“, il cui termine per la presentazione scade in questi giorni. Fino a ora solo Trino Vercellese in Piemonte si è detta disponibile, almeno a parole. Sul tema il governo Meloni sembra intenzionato a stringere, accelerando l’iter con l’articolo l’11 inserito nel Decreto Energia, che segue in questi giorni la sua conversione in legge e su cui già si solleva un polverone.
“Possibili autocandidature di strutture della Difesa”
Ecco il punto nevralgico: il Dl 181/2023 attualmente all’esame della commissione alla Camera dei deputati, prevede infatti che possano presentare autocandidature ad ospitare il Deposito unico e il Parco Tecnologico (DNPT), “strutture militari tramite il ministero della Difesa“, esattamente alla pari degli Enti locali eventualmente interessati. Cosa che non è passata inosservata in Sardegna, dove persistono estese basi militari, pari a circa il 60 per cento di quelle dell’intero Paese. Una presenza considerata piuttosto ingombrante e a tratti mal digerita dalla popolazione locale. Nota il quotidiano l’Unione Sarda, che l’iter per individuare i volontari del nucleare è stato avviato già “prima della conversione in legge“, fatto effettivamente non trascurabile visto che il testo potrebbe subire modifiche anche nell’articolo in questione ovvero quello che mette poligoni ed ex arsenali al centro della scena. Ma il quotidiano parla anche di un possibile emendamento della maggioranza che potrebbe favorire “l’ipotesi del deposito radioattivo in profondità“. E qui entrerebbero in gioco nell’Isola precise servitù militari, come quelle della Maddalena.
Nel mirino le basi militari in Sardegna?
A sollevare il tema è stata la settimana scorsa – ne dà notizia l’Ansa – la candidata per il “Campo largo” alla presidenza della Regione Sardegna, Alessandra Todde, già viceministra allo Sviluppo economico del governo Draghi in doppio con Vincenzo Pichetto Fratin, attuale ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, mentre titolare del dicastero era l’attuale ministro dell’Economia, Giorgetti. Fotografia necessaria di quel marzo 2022 in cui SO.G.I.N., quale “soggetto attuatore per la localizzazione, realizzazione ed esercizio del Deposito nazionale e già incaricata della dismissione delle grandi strutture di produzione di energia atomica” – in tutto 9 tra cui le cinque ex centrali – presentò al governo l’elenco Cnai sulle aree idonee a ospitare il Deposito unico, senza accenno alle aree militari. Oggi si aggiunge questa possibilità. E la conversione in legge del Dl Energia in corso, in qualche modo rende più difficile venire a conoscenza dei comuni che hanno alzato la mano e delle strutture militari eventualmente individuate e candidate dal ministero della Difesa. Anche perché, come scrive il quotidiano sardo, c’è un emendamento, presentato dall’opposizione e ancora da votare, che amplia i termini da 30 a 60 giorni. Neanche qui è detto che venga reso noto l’elenco che a quel punto verrà inviato dal Mase a Sogin la quale, “entro i successivi 30 giorni, procede alle necessarie valutazioni tecniche”.
Un iter ancora lungo
Tali verifiche, è scritto nel sito depositonazionale.it, “consentono un riesame delle aree sulla base di dati territoriali più recenti per l’applicazione delle Guida Tecnica n. 29 di ISIN (Ispettorato Nazionale per la Sicurezza Nucleare e la Radioprotezione ndr), nonché dei nuovi sviluppi progettuali. Le risultanze – si legge ancora – sono trasmesse a ISIN che, entro 30 giorni, esprime il proprio parere inviandolo al MASE e a Sogin”. A questo punto Sogin ha 30 giorni di tempo per redigere la propria proposta di Carta Nazionale delle Aree Autocandidate (CNAA), effettuato sulla base di “caratteristiche tecnico e socio-ambientali”. Non è finita: ulteriori 30 giorni a disposizione del ministero per la Valutazione di impatto strategico (Vas), al termine dei quali, recepito il parere dell’Isin, il Mase, di concerto con lo Sviluppo economico, approva la Carta delle aree autocandidate o quella delle aree idonee con “relativo ordine di idoneità“.
E’ a quel punto che, con ogni probabilità, le carte verranno scoperte: i documenti in questione verranno pubblicati sui relativi siti istituzionali e lì si saprà dove – e per quali ragioni – si faranno Deposito unico e Parco tecnologico. Ci vorranno almeno sei mesi, salvo rallentamenti o intoppi.
L’opposizione contro gli 8 siti sardi della Cnai
Un percorso ancora lungo, ma sul quale i riflettori sono puntati. Anche perché le aree già individuate come idonee dalla Cnai – che nell’Isola sono 8 ricadenti nei territori di 15 comuni (Albagiara, Assolo, Usellus, Mandas, Siurgius Donigala, Segariu, Villamar, Setzu, Tuili, Turri, Ussaramanna, Nurri, Ortacesus, Guasila) – sono già state oggetto di una relazione scritta da una commissione di tecnici istituita dalla Regione Sardegna nel 2022 con, per oggetto, le osservazioni sulle criticità relative ai siti indicati. “A seguito dei sopralluoghi effettuati nei territori indicati dal ministero nel Cnai – dice a Tiscali News Giancarlo Carboni, allora presidente dell’Ordine dei geologi della Sardegna – abbiamo riscontrato una serie di incongruenze sia sugli aspetti paesaggistici che sulle caratteristiche del suolo, per via delle falde acquifere superficiali diffuse. Non a caso – contiuna – nei luoghi abbiamo riscontrato numerosi pozzi, alcuni molto antichi, usati per le irrigazioni o per gli allevamenti”. Incongruenze che il geologo non stenta a definire “gravi” e che “sarebbero emerse se i tenici ministeriali avessero condotto uno studio approfondito”. Con questi presupposti e con la già annunciata opposizione della popolazione locale – non solo in Sardegna – è chiaro che le basi militari salgono di quotazione perché sottratte alla giurisdizione civile e sottoposte al diretto controllo dello Stato. Una riflessione che, nelle intenzioni del governo, potrebbe facilitare il raggiungimento dell’obiettivo del Deposito unico. Che però, d’altro canto, aggiungerebbe servitù a servitù come nota la stampa locale in un’isola che, tra l’altro, in questi ultimi anni di politiche dedicate alla transizione ecologica, subisce su di sé “l’assalto dell’eolico e del fotovoltaico”, con oltre 750 richieste di connessione approdate al ministero e alla Regione per la realizzazione di grandi parchi di produzione energetica, in terra e a mare.
di Antonella Loi 22-01-2024 – 10:54