mercoledì 9 Ottobre 2024
Disarmo / Nonviolenza

Settant’anni di sudditanza a Usa e Nato

Luigi Di Maio: «Se qualcuno pensa di sganciare l’Italia dai nostri alleati storici, che sono l’Occidente e i paesi della Nato, allora troverà sempre me contrario. L’Italia, e il Movimento 5 Stelle soprattutto, non ha mai detto di volersi allontanare dai nostri alleati storici»: questa dichiarazione del candidato premier (a Otto e mezzo su La7, 16 aprile), solleva una questione di fondo che va al di là dell’attuale dibattito politico. Qual è il bilancio dei settant’anni di legame dell’Italia con i suoi «alleati storici»?
Nel 1949, con il 5° Governo De Gasperi (Democrazia cristiana – Pli – Psli – Pri), l’Italia diviene membro della Nato sotto comando Usa. Subito dopo, secondo gli accordi segreti sottoscritti da De Gasperi a Washington nel 1947, inizia lo schieramento in Italia di basi e forze statunitensi, con circa 700 armi nucleari. Per 40 anni, nella strategia Usa/Nato, l’Italia fa da prima linea nel confronto con l’Urss e il Patto di Varsavia, sacrificabile in caso di guerra (gli Usa tengono pronte sul nostro territorio anche mine atomiche da demolizione). Finita la guerra fredda con la dissoluzione del Patto di Varsavia e dell’Urss nel 1991, inizia per l’Italia non un periodo di pace ma una serie continua di guerre sulla scia del suo principale «alleato storico». Nel 1991, con il 6° Governo Andreotti (DC – Psi – Psdi – Pri – Pli), la Repubblica italiana partecipa nel Golfo sotto comando Usa alla sua prima guerra, violando l’Art. 11 della Costituzione. Nel 1999, con il Governo D’Alema (Ulivo – Pdci – Udeur), l’Italia svolge un ruolo fondamentale, con le sue basi e i suoi cacciabombardieri, nella guerra Nato contro la Jugoslavia. Nel 2003, con il secondo Governo Berlusconi (Forza Italia – AN – LN – Ccd-Cdu), l’Italia inizia la sua partecipazione (tuttora in corso dopo 15 anni) alla guerra Usa/Nato in Afghanistan. Sempre nel 2003, con lo stesso governo, partecipa all’invasione dell’Iraq da parte della coalizione a guida Usa.
Nel 2011, con il 4° Governo Berlusconi (PdL, LN, MpA), l’Italia svolge un ruolo di primaria importanza nella guerra Nato contro la Libia, a cui partecipa con 7 basi aeree, cacciabombardieri e unità navali. Nel 2014-2018, con il Governo Renzi (Partito democratico, Ncd, SC, Ucd) e il Governo Gentiloni (stessa coalizione), l’Italia partecipa alla escalation Usa/Nato contro la Russia, inviando truppe in Lettonia e cacciabombardieri in Estonia. Allo stesso tempo questi e altri governi cedono il nostro territorio al Pentagono, che lo usa quale ponte di comando e di lancio per operazioni militari in una vastissima area geografica.
Il Comando delle Forze navali Usa Europa-Africa a Napoli-Capodichino, agli ordini dello stesso ammiraglio Usa che comanda la Forza congiunta alleata a Lago Patria, copre metà dell’Oceano Atlantico e i mari che bagnano tutta l’Europa e la Russia e quasi l’intera Africa. Le basi Usa di Aviano, Vicenza, Camp Darby, Gaeta, Sigonella e la stazione Muos di Niscemi servono a operazioni militari in Medioriente, Africa ed Europa Orientale. Legata agli Usa direttamente e attraverso la Nato – in cui gli Usa detengono dal 1949 ad oggi la carica di Comandante supremo alleato in Europa e tutti gli altri comandi chiave – l’Italia è privata del potere sovrano in politica estera. Le nuova bombe nucleari B61-12, che gli Usa installeranno in Italia dal 2020, ci esporranno a rischi ancora maggiori. Luigi Di Maio ha firmato l’Impegno Ican a far aderire l’Italia al Trattato Onu sulla proibizione delle armi nucleari, quindi a rimuovere dall’Italia le armi nucleari Usa. Manterrà l’impegno o lo romperà per non «sganciare l’Italia» dal suo principale «alleato storico»?