domenica 8 Dicembre 2024
Politica italiana

Parnasi, il palazzinaro 2.0 finanziatore della Lega

La seconda generazione dei palazzinari romani. Quelli a cui non piace essere chiamati così anche se si comportano esattamente come i padri.

 

Luca Parnasi è l’unico figlio di Sandro, morto due anni fa, creatore dal nulla di un impero immobiliare tirato su assieme alle migliaia di palazzine disseminate nella sterminata periferia romana nel dopoguerra.

 

Il metodo è lo stesso usato dal nemico Caltagirone, l’unico superstite di una generazione che sta pian piano affondando nei debiti: Armellini, Mezzaroma, Scarpellini e compagnia.

 

Lotti e locazioni pubbliche ottenuti a prezzi stracciati e rivendute a prezzi di mercato.

 

Messe da parte le simpatie di sinistra che lo portarono ad aiutare Paese Sera ed essere vicino a comprare l’Unità, Parnasi junior ha iniziato a foraggiare tutta la politica, arrivando a finanziare con 250 mila euro la Lega di Salvini tramite la onlus «Più Voci», cavallo vincente, come scoperto dall’Espresso ad aprile. Tanto che ieri è subito arrivata la difesa del ministro degli Interni: «È una persona perbene».

 

«Sviluppatore di progetti» era la dizione che chiedeva fosse usata per spiegare il suo lavoro. Da ieri sappiamo meglio cosa significa.

 

Rispetto all’impostazione del padre, Luca Parnasi decide di concentrarsi sui grossi colpi: i centri commerciali (l’EurRoma 2 costruito per le Coop e Pescaccio), i grattacieli (le torri dell’Eur e la nuova sede della Bnl a fianco della stazione Tiburtina) e soprattutto lo stadio della Roma.

 

Niente nella capitale è più sentito del calcio e riuscire ad essere il costruttore che finalmente porta a termine lo stadio promesso dal 1997 diventa l’obiettivo di una vita.

 

L’area c’è, è quella dell’ex ippodromo di Tor di Valle ormai inutilizzata da un decennio che lambisce il Tevere lungo la via del Mare che porta ad Ostia.

 

Parnasi si è accaparrato i diritti per tempo da una società fallita e li gioca al massimo su tutti i tavoli.

 

L’alleato migliore lo trova subito in una banca, quella Unicredit che ha già salvato la Roma dalla bancarotta e vuole rifarsi.

 

Gli anni però passano a causa dei tempi biblici di burocrazia e della stessa politica. I debiti di Parnasi si accumulano allo stesso modo e Unicredit diventa l’unica ancora di salvezza per il rampante costruttore romano.

 

Il gruppo Parsitalia fondato dal padre Sandro va in liquidazione, oberata da tutti i buchi nell’acqua collezionati dal figlio negli ultimi anni.

 

La via d’uscita trovata è mettere assieme tutte le aziende del gruppo e tutte le partecipazioni immobiliari per cederle direttamente a Unicredit.

 

La Capital Dev, detenuta completamente dalla banca milanese, cercherà di rivendere tutto sperando di rientrare dei 700 milioni finora prestati a Parnasi junior, nel frattempo alleatosi con l’altro costruttore Pizzarotti.

 

Una situazione contabile disperata è la miglior spiegazione della strategia di Parnasi sull’ultima campagna elettorale.

 

Finanziare tutti, promettere a tutti – M5s in primis – per assicurarsi che lo Stadio della Roma si faccia al più presto. E ringraziare anche del compromesso spuntato l’anno scorso quando, fatto fuori l’arcinemico Paolo Berdini, la giunta Raggi ha detto sì, seppure con un taglio, alle torri dell’archistar Libeskind e alle cubature extra stadio: 20mila per l’area commerciale e 139mila per il cosiddetto business park.

 

Sono quelle da cui Parnasi conta di fare soldi per ripagare Unicredit. Risparmiando nel frattempo sulle opere pubbliche da realizzare: niente potenziamento della derelitta ferrovia Roma-Lido e ponte di Traiano – collegamento all’autostrada Roma-Fiumicino – che sarà costruito a carico dello stato.