lunedì 11 Dicembre 2023
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Il fedelissimo di Matteo

Luca Lotti, l’ex ministro dello Sport, è stato intercettato durante alcune riunioni notturne con alcuni consiglieri del Csm per discutere delle nomine ai vertici delle procure. Tra queste, in primis, c’era la procura di Roma dove il fedelissimo di Matteo Renzi è imputato per favoreggiamento nell’inchiesta su Consip.

Alla politica non è preclusa la discussione sull’elezione dei laici e del vice presidente del Csm. Ma da quel momento in poi si deve disinteressare delle dinamiche che caratterizzano il funzionamento interno del Csm.
Probabilmente è sempre avvenuto che i politici cercassero invece di avere influenza nella nomina dei procuratori. Il problema è che in questi giorni ne abbiamo avuto la conferma. Grazie alle intercettazioni abbiamo assistito all’intervento diretto della politica che si infila in mezzo a un connubio di correnti.
Abbiamo assistito a una commistione tra pezzi di correnti che si intrecciano tra loro e pezzi di politica che non rispecchiano più gli schieramenti di un tempo. In questa vicenda abbiamo un pezzo di corrente di centro e un pezzo di corrente di destra, entrambe della magistratura, che si incontrano con due politici del Partito Democratico (Luca Lotti e Cosimo Ferri).

Dalle conversazioni sembra emergere un disegno chiaro: l’intenzione era quella di favorire la nomina di Marcello Viola, procuratore generale della Corte d’Appello di Firenze, a successore di Giuseppe Pignatone e azzerare le possibilità che diventasse capo della procura di Roma Giuseppe Creazzo, procuratore capo sempre nel capoluogo toscano.
In altri termini, Luca Lotti avrebbe cercato di influenzare la successione di Giuseppe Pignatone, di incidere sul futuro degli uffici giudiziari dove pende un procedimento che lo riguarda.

È possibile, o persino probabile, che Lotti non abbia fatto nulla di penalmente rilevante. Ma i suoi comportamenti risultano altamente inopportuni.
Un parlamentare rinviato a giudizio dalla procura di Roma non va a discutere con i magistrati sulla nomina del procuratore di Roma. Il comportamento di Luca Lotti è inaccettabile e questa espressione non è giustizialista, ma solo di buon senso. Luca Lotti aveva una delega, a nome del Pd, per parlare sul Csm? Con i magistrati discuteva a nome del Pd, a quel tempo guidato da Matteo Renzi, oppure a titolo personale?
Ora l’ex ministro dello Sport ci informa che ha appreso dai giornali di aver causato imbarazzo ai vertici del suo partito. Mi domando: non gli era venuto il sospetto che potesse accadere?

Certo la vicenda non si chiude con l’autosospensione di Lotti. Ma alla fine interessa solo il Pd, i suoi militanti, i suoi elettori.
In questa storia c’è un’Istituzione che paga il conto per tutti.
Tutti gli “attori” di questa traversia hanno recato difatti un grave danno all’immagine della magistratura e il punto, a mio avviso più importante, mi sembra la sfera di autonomia della giustizia. All’inaccettabile groviglio di relazioni improprie che ha inquinato l’organo di autogoverno, si sono aggiunti i maldestri tentativi di auto-assoluzione di alcuni consiglieri coinvolti, e la resistenza alle dimissioni, richieste con forza da più parti. Mentre va sottolineato con apprezzamento che è stata la stessa magistratura a fare luce, senza sconti a nessuno e senza timori delle conseguenze.

La magistratura è la più forte difesa che la Costituzione appresta alle libertà e ai diritti. Di questo dobbiamo essere in ogni momento consapevoli. I problemi che si manifestano vanno affrontati con decisione, ma non con l’obiettivo di screditare l’organo giudiziario.
Per questo dobbiamo sempre mobilitarci per la difesa e la piena attuazione della Costituzione repubblicana.

 

Fonte: La Repubblica, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, La 7