L’ultima sveglia dell’Onu per fermare la catastrofe
Mentre Trump fa il bulletto con Greta e Bolsonaro afferma che l’Amazzonia è roba sua e può farci quello che vuole, l’Ipcc, il comitato scientifico sul clima dell’Onu, pubblica un nuovo rapporto sull’impatto del cambiamento climatico su oceani e criosfera, la parte di superficie terrestre coperta dai ghiacci.
Lo studio, che prende in esame 7000 lavori scientifici di oltre 100 scienziati di 30 diversi Paesi, rappresenta un documentato, nonché sconvolgente grido d’allarme sullo stato del Pianeta.
La fusione delle calotte polari sta alterando i cicli climatici e le correnti, sia ventose che marine, e potrebbe provocare un rapido innalzamento del livello del mare che finirà per colpire un miliardo di persone entro il 2050. Ma anche la scomparsa delle coperture di ghiaccio in montagna avrà molteplici effetti, dalla drastica riduzione delle riserve d’acqua, su cui si basa la vita degli ecosistemi montani e delle comunità umane che li abitano, alla modifica della stessa morfologia delle montagne.
L’ultimo Catasto dei ghiacciai italiani mostra come la loro superficie sia passata dai 519 km2 del 1962 agli attuali 368 km2. Oggi si contano 903 ghiacciai contro gli 824 nel 1962, ma l’aumento è dovuto alla frammentazione che ha ridotto sistemi glaciali complessi a singoli ghiacciai più piccoli.
Studi condotti su gruppi glaciali mostrano le evoluzioni recenti dei nostri ghiacciai e ne ipotizzano quelle future. Per il Ghiacciaio dei Forni in Valtellina, il più grande ghiacciaio vallivo italiano, utilizzando i modelli di dinamica glaciale e gli scenari climatici forniti dall’Ipcc, si ipotizza una fortissima riduzione oltre quelle, già consistenti, degli ultimi trent’anni. In Abruzzo il Ghiacciaio del Calderone sul Gran Sasso, considerato il più meridionale d’Europa, è ritenuto praticamente estinto anche se uno strato di ghiaccio ridotto è ancora presente sotto i detriti.
I ghiacciai sono sempre meno spessi e sempre più scuri e quindi più vulnerabili alle radiazioni solari tanto che negli ultimi 150 anni alcuni hanno perso oltre due chilometri di lunghezza. Con la media delle temperature degli ultimi anni, i ghiacciai sotto i 3.500 metri sono destinati a sparire nel giro di 20/30 anni e se le temperature continueranno ad aumentare, in pochi decenni, i ghiacci eterni delle Alpi Orientali e Centrali potrebbero scomparire e rimarrebbero solo quelli delle più alte Alpi Occidentali.
Le conseguenze della scomparsa dei ghiacciai sarebbero devastanti, non solo per l’ambiente e il paesaggio montano, ma anche per le comunità e le attività economiche, dal turismo all’energia. I deflussi estivi dei fiumi derivano per la maggior parte dalla fusione glaciale. Venendo meno i ghiacciai, svanirebbe anche il loro contributo ai torrenti alpini e ai fiumi della Pianura Padana, compreso il Po, con significative conseguenze sull’approvvigionamento idrico per la popolazione e per le attività economiche, a cominciare dall’agricoltura.
Le dighe ad alta quota, poi, si trovano perlopiù nelle vicinanze di grandi corpi glaciali per accumulare l’acqua rilasciata dalla fusione e trasformarla in energia idroelettrica. Se i ghiacciai scomparissero si perderebbe anche questa fonte di energia.
Aumentano infine i rischi legati all’azione diretta del ghiaccio e della neve, quali valanghe o alluvioni catastrofiche per l’esondazione di laghi glaciali, come quella di questa estate nei pressi del ghiacciaio Zermatt in Svizzera.
L’Ipcc ha suonato l’ennesima sveglia ai «potenti» (ma fin qui poco «volenti») della Terra. Sta a tutti noi far suonare quella sveglia fino a quando non inizieranno a fare sul serio. Domani abbiamo la possibilità di farla suonare bella forte allo sciopero globale del clima. Ci vediamo nelle piazze!