Europa: e se tagliassimo il ramo ai paesi “frugali”?
Ci sono due elementi positivi e un interrogativo nel patto siglato tra Merkel e Macron sui 500 miliardi.
Il primo è che sostanzialmente la Merkel accetta le istanze, attraverso Macron, dei paesi più colpiti dalla pandemia e in qualche maniera la Germania diventa argine alle obiezioni che arrivano dai paesi del nord (Olanda e Danimarca in testa). C’è quindi questa volontà politica tedesca a sanare la ferita europea che aveva visto, all’inizio della vicenda del virus, una certa freddezza a intervenire in soccorso.
Questo è il primo dato politico.
Il secondo fatto positivo emerge nell’evidenziare che il pacchetto riguarda soldi a fondo perduto, non pesano sulle finanze dei paesi e consentono ampi margini di manovra. Nel caso specifico l’Italia può ambire ad avere almeno 100 miliardi.
C’è però un punto interrogativo: quando questi soldi effettivamente arriveranno? Sulla carta la promessa è per settembre, tuttavia è legittimo, sulla data, essere scettici perché potrebbe invece ritardare alla fine dell’anno.
La questione del tempo non è marginale perché il rischio di un’implosione dei sistemi economici dei paesi più colpiti è reale e quindi è importante che questi fondi arrivino al più presto.
Perché il poderoso progetto di aiuti economici annunciato da Ursula von der Leyen possa diventare realtà occorre che lo approvino all’unanimità i 27 paesi membri del Consiglio Europeo. A tutt’oggi questa unanimità non c’è.
Forse se Olanda, Danimarca, Svezia e Austria impediranno il varo del Recovery Found l’Unione Europea dovrà avere il coraggio di metterli alla porta.
Siamo stati per anni ostaggio della Gran Bretagna, dopo la Brexit non possiamo rimanere appesi ai no dei Paesi Bassi o dell’Austria. Se preferiscono uscire dall’Europa se ne prendano la responsabilità. A volte è meglio separarsi che morire soffocati alla norma che concede a ciascun paese il diritto di veto conferendo dunque lo stesso potere per esempio ai 500mila maltesi e agli 83milioni di tedeschi. Il diritto di veto dato a ciascun paese è in apparenza una norma democratica ma in realtà profondamente stupida.
Da tempo è chiaro che è difficile stare insieme se i regimi fiscali sono diversi ma per l’opposizione di Svezia, Malta, Lituania, Lussemburgo e Olanda non è stato mai possibile mettere mano al problema. Quando poi si è trattato di divedersi equamente le responsabilità in tema di immigrazione il veto dei paesi ex sovietici ha impedito soluzioni ragionevoli e condivise sul tema degli sbarchi. Adesso il veto rischia di provocare un danno irreparabile ai paesi messi in ginocchio dall’epidemia: Italia e Francia in testa.
Per questo diventa irresistibile la tentazione di tagliare il ramo su cui loro, i cosiddetti paesi “frugali”, sono seduti.
Fonte: Otto e mezzo (La 7), La Repubblica