Concerto del 1 maggio, kermesse dell’ipocrisia
CONCERTO DEL PRIMO MAGGIO, KERMESSE DELL’IPOCRISIA
Ci sono immagini che dicono tutto e rendono vana ogni parola. Questa foto parla da sola:
Il palco ritratto nella foto è quello che viene allestito ogni anno, da 32 anni a questa da parte, per il Concertone organizzato da Cgil, Cisl e Uil in occasione della Festa del Lavoro.
Da qualche tempo la location non è più quella di Piazza San Giovanni, lasciata due anni fa, bensì quella della Cavea dell’Auditorium Parco della Musica.
Lo slogan scelto quest’anno dagli organizzatori è “L’Italia si cura con il lavoro” perché di lavoro negato, di lavoro precario, privo di tutele e avvelenato, in Italia si muore ogni giorno.
Si muore a Taranto, dentro e intorno alle centrali a carbone ed alle raffinerie; si muore da “invisibili” dei campi del Foggiano, di Campobello di Mazara, di Rosarno, dell’Agro Pontino, ecc.; si muore ovunque -circa 1.000 decessi ogni anno- per infortuni sui luoghi di lavoro.
Si muore perché i diritti vengono negati, perché rispettare i diritti per aziende e padroni vuol dire affrontare costi e diminuire i profitti.
Che si muore dentro e intorno ai luoghi di lavoro lo sa benissimo anche l’ENI, storicamente ed anche oggi molto presente nelle aree più avvelenate d’Italia (i SIN), e lo sanno bene anche Cgil, Cisl e Uil, che anche quest’anno, ciò nonostante, hanno voluto Eni come main sponsor del Concertone, assieme a Gruppo Unipol e alla “banca armata” Intesa San Paolo, con i suoi quasi 999 milioni di euro di operazioni legate all’esportazioni di armi, segnalate dal Ministero dell’Economia.
Anche quello che si svolge nelle fabbriche di bombe a grappolo è “lavoro”, sosterrà qualcuno: ma ci vogliono uno stomaco di ferro ed una coscienza obnubilata per chiamarlo “lavoro”. Magari dal palco romano ci sarà anche qualche “anima bella” disposta a ricordare il conflitto d’interessi tra art. 11 della Costituzione italiana e le decine di milioni di Euro dei contratti stipulati tra Leonardo e la Turchia di Erdogan ai danni del popolo Curdo che ha saputo fermare i tagliagole dell’Isis, o con l’Egitto di Al Sisi, oggi noto soprattutto come diffuso campo di tortura e repressione preventiva contro i diritti politici e sindacali.
Torniamo ad Eni ed ai motivi che potrebbero aver persuaso Cgil, Cisl e Uil a promuoverla al rango di main sponsor del Concerto della Festa del Lavoro, a riconoscente suggello del ruolo di “contribuente” svolto dalla principale multinazionale italica sin dalle prime edizioni del concertone (in fondo, stessa dinamica di Sanremo!).
La Corte dei Conti ce ne ricorda qualcuno; scorrendo infatti da pagina 46 a pag 63 della Relazione sul Risultato del Controllo eseguito sulla Gestione Finanziaria di Eni Spa relativa all’anno 2019, apprendiamo tra le altre cose che:
Eni è parte in procedimenti penali, civili e amministrativi, ovvero interessata da procedimenti penali riguardanti componenti degli organi o dipendenti per ipotesi di reato connessi alle sue attività.
Chi fosse interessato, potrà leggere alcuni passaggi della Relazione, disponibili nell’estratto in allegato.
I procedimenti di cui narra la Corte dei Conti hanno avuto condanne ed assoluzioni; altri risultano ancora in corso. I fatti contestati a Eni sono di una gravità inaudita, ma sappiamo bene che uno dei principi cardine del nostro ordinamento è il principio di presunzione di innocenza sino a condanna definitiva (citiamo, per l’Italia, la sentenza di primo grado con cui lo scorso 10 Marzo il Tribunale di Potenza ha condannato dirigenti Eni per contraffazione dei codici Cer ed altri reati; citiamo il procedimento in corso per disastro ambientale al Cova di Viggiano).
Tuttavia un conto è la verità processuale, altra cosa è quella storica. La Storia ci insegna che armi e petrolio continuano ad essere causa di conflitto, di devastazione dei territori, di biocidio, di negazione dei diritti, di morte e sopraffazione. Sappiamo, con le parole di presidenti del Consiglio dei Ministri, che Eni vuol dire politica estera, diplomazia, servizi segreti.
La gravità della scelta delle organizzazioni sindacali di fare del Cane a Sei Zampe lo sponsor del Concerto del Primo Maggio sta nell’aver rinnegato questa Storia ed un percorso che ha visto i lavoratori conquistare faticosamente, passo dopo passo, il diritto ad un lavoro sicuro e rispettoso della salute e dell’ambiente. Nella prospettiva vissuta dai territori dove il colonialismo di Eni è radicato e diffuso, la commistione di interessi politico/sindacali ed estrattivi trova coronamento nella premialità della politica delle royalties e del ricatto occupazionale con la benedizione del egli enti locali.
Ora, è del tutto evidente come esistano una forte contraddizione ed una buona dose di ipocrisia laddove da un lato si proclamino i diritti (lavoro sicuro compreso) e si faccia professione di fede antiestrattivista (vedi, ad esempio, l’annuale Rapporto sui Diritti Globali promosso dalla Cgil), mentre dall’altro si chiamino invece a far da sponsor del Concerto del Primo Maggio una “banca armata” ed una compagnia petrolifera.
Sostituire i simboli della giornata di lotta più internazionalista, designata dalla Seconda Internazionale a celebrazione e rilancio mondiale della battaglia per le 8 ore dei martiri di Chicago del 1886, con il logo della più conosciuta e potente multinazionale Oil&Gas dalle radici italiche, ci aiuta comunque a fare chiarezza sul ruolo organico svolto dalle organizzazioni sindacali “maggiormente rappresentative”, che una volta abolito ogni richiamo alla contrapposizione degli interessi di classe, finiscono per dimenticare la contrapposizione tra interessi dei lavoratori e capitale, tutto riassorbendo nella generica ed ambigua formula del “lavoro”.
Il Primo Maggio a Roma si celebrano i diritti dei lavoratori o i successi di Eni per il Pnrr?
Roma, 1 maggio 2021
Coordinamento Nazionale No Triv
Allegato
Estratto dei contenuti Relazione sul Risultato del Controllo eseguito sulla Gestione Finanziaria di Eni Spa relativa all’anno 2019
Procedimenti penali in materia di salute, sicurezza e ambiente.
Eni SpA – Indagine sanitaria attività del COVA.
Nell’ambito di un procedimento penale per traffico illecito di rifiuti, gli aspetti sanitari sono stati oggetto di stralcio in altro procedimento penale. Contestualmente è stata disposta l’iscrizione di 9 imputati di procedimento connesso per fattispecie contravvenzionali relative a presunte violazioni nella redazione del documento di valutazione dei rischi occupazionali delle attività del Centro olio Val d’Agri (COVA). Nel marzo 2017, su segnalazione del consulente della Procura, veniva emesso verbale di contravvenzione da parte dell’Ispettorato del lavoro di Potenza nei confronti dei datori di lavoro storici del COVA, per omessa e incompleta valutazione dei rischi chimici. Nell’ottobre 2017 la Società apprendeva del mutamento delle ipotesi di reato, per le quali indaga la Procura, in fattispecie delittuose di disastro, decesso e lesioni personali colpose, con violazione della normativa in materia di salute e sicurezza.
Eni SpA – Procedimento penale Val d’Agri – Spill Serbatoio.
Nel febbraio 2017, i NOE del reparto di Potenza rinvenivano un flusso di acqua contaminata da tracce di idrocarburi con provenienza non nota, che scorreva all’interno di un pozzetto grigliato ubicato in area esterna rispetto al confine del Centro olio Val d’Agri, sottoposto a sequestro giudiziario. Le attività eseguite da Eni all’interno del COVA, finalizzate a ricostruire l’origine della contaminazione, hanno individuato le cause nella mancata tenuta di un serbatoio, mentre all’esterno del Centro, a seguito dei monitoraggi ambientali implementati, emergeva il rischio – allo stato, secondo Eni, scongiurato – dell’estensione della contaminazione dell’area a valle dello stesso stabilimento. Eni ha eseguito le comunicazioni previste dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e avviato le operazioni di messa in sicurezza d’emergenza dei punti esterni al COVA oggetto di contaminazione. A seguito di tale evento, è stata aperta un’indagine penale per i reati di inquinamento ambientale, nei confronti dei precedenti responsabili del COVA, degli Operation manager in carica dal 2011 e del responsabile HSE in carica al momento del fatto nonché nei confronti di Eni, ai sensi del decreto legislativo n. 231 del 2001, per il medesimo reato. Nell’aprile 2017, Eni ha sospeso l’attività industriale presso il COVA; l’attività petrolifera è stata riavviata nel luglio 2017, con le necessarie autorizzazioni da parte della Regione, una volta completati gli accertamenti e le verifiche che hanno confermato, secondo Eni, l’integrità dell’impianto e la presenza delle condizioni di sicurezza. La Società ha, peraltro, risarcito il danno ad alcuni privati proprietari delle aree limitrofe al COVA; con altri ha in corso trattative. Nel settembre 2019 il Pubblico ministero ha disposto la separazione della posizione di un dipendente, sottoposto a misura cautelare, da quella degli altri indagati Eni, con contestuale formazione nei soli suoi confronti di un autonomo fascicolo e ha ottenuto dal GIP l’emissione, nei confronti del medesimo, del decreto di giudizio immediato che è ancora pendente. Nell’ambito del parallelo procedimento nei confronti dei rimanenti dipendenti e di Eni quale responsabile ai sensi del decreto legislativo n. 231 del 2001, nel marzo 2020 la Procura della Repubblica ha emesso avviso di conclusione delle indagini preliminari
Eni SpA – Indagine Val d’Agri.
Nell’ambito di indagini volte ad accertare la sussistenza di un traffico illecito di rifiuti prodotti dal Centro Olio Val d’Agri (COVA) di Viggiano e smaltiti in impianti di depurazione su territorio nazionale, nel marzo 2016 la Procura di Potenza ha disposto gli arresti domiciliari per cinque dipendenti Eni e posto sotto sequestro alcuni impianti funzionali all’attività produttiva in Val d’Agri che, conseguentemente, è stata interrotta. La Procura ha richiesto il rinvio a giudizio per tutti gli imputati e la persona giuridica Eni, ai sensi del decreto legislativo n. 231del 2001. Il processo si è aperto nel novembre 2017 ed è in corso.
Raffineria di Gela SpA – Eni Mediterranea Idrocarburi (EniMed) SpA – Disastro innominato.
Il procedimento penale a carico di dirigenti della Raffineria di Gela e di EniMed SpA riguarda i reati di disastro innominato, gestione illecita di rifiuti e scarico di acque reflue industriali senza autorizzazione. Alla Raffineria di Gela è contestato l’illecito amministrativo da reato ai sensi del decreto legislativo n. 231 del 2001. E’ in corso il giudizio di primo grado dinanzi al Tribunale di Gela.
Raffineria di Gela SpA/Eni Mediterranea Idrocarburi (EniMed) SpA – Gestione rifiuti discarica CAMASTRA.
Nel giugno 2018, la Procura di Palermo ha avviato nei confronti delle società Eni Raffineria di Gela SpA e di EniMed SpA un procedimento penale per un presunto traffico illecito di rifiuti industriali provenienti da operazioni di bonifica di terreni, smaltiti presso una discarica di proprietà di una società terza. La Procura ha contestato tale reato agli amministratori delegati pro tempore; alle società è contestato l’illecito amministrativo da reato di cui al decreto legislativo n. 231 del 2001. La condotta illecita deriverebbe dalla fraudolenta certificazione dei rifiuti, ai fini della ricezione in discarica. Il procedimento si è concluso con richiesta di archiviazione nei confronti dell’amministratore delegato della Raffineria di Gela SpA e della medesima società, mentre è stato chiesto il rinvio a giudizio sia per l’Amministratore delegato di Enimed sia per la Società.
Raffineria di Gela SpA ed Eni Rewind SpA – Indagine inquinamento falda e iter di bonifica del sito di Gela.
A seguito di denunce effettuate da ex lavoratori dell’indotto, la Procura della Repubblica di Gela ha emesso un decreto d’ispezione e sequestro dell’area denominata “Isola 32” all’interno della raffineria di Gela, dove sono ubicate le vecchie e le nuove discariche controllate. Il procedimento penale ha ad oggetto i reati di inquinamento ambientale, omessa bonifica, lesioni personali colpose e gestione illecita di rifiuti. L’Autorità giudiziaria ha proceduto a un’acquisizione documentale presso la sede di Eni Rewind SpA di Gela e della Raffineria di Gela che, nel periodo 1 gennaio 2017–20 marzo 2019, hanno gestito gli impianti asserviti alla bonifica della falda del sito. Successivamente è stato notificato un decreto di sequestro di undici piezometri del sistema di barrieramento idraulico, con contestuale informazione di garanzia nei confronti di nove dipendenti della Raffineria di Gela e quattro dipendenti della società Eni Rewind SpA. Sono poi stati disposti accertamenti tecnici irripetibili, al fine di effettuare analisi sia sui piezometri posti sotto sequestro, sia sugli impianti TAF e TAS. Il procedimento è ancora in corso.
Eni SpA – Incidente mortale Piattaforma offshore Ancona.
Il 5 marzo 2019, durante la fase di scarico di un serbatoio dalla piattaforma a un supply vessel si è verificato l’improvviso cedimento di una parte di struttura su cui era installata la gru, causando la caduta in mare della gru stessa e della relativa cabina di comando. Nella caduta alcuni elementi della gru hanno colpito il supply vessel, ferendo due lavoratori contrattisti a bordo dell’imbarcazione, mentre all’interno della cabina di comando si trovava un dipendente Eni, che è deceduto. In relazione a tale evento, la Procura di Ancona ha disposto accertamenti tecnici irripetibili, in esito ai quali si è proceduto all’iscrizione quali soggetti indagati del responsabile e del delegato sicurezza del distretto al momento del fatto nonché di Eni quale persona giuridica ai sensi del decreto legislativo n. 231 del 2001.
Eni Rewind SpA e Versalis SpA – Mantova – Indagine in materia di reati ambientali.
Si sono concluse con richiesta di rinvio a giudizio le indagini preliminari pendenti presso la Procura della Repubblica di Mantova contro società del Gruppo Eni per reati ambientali relativi al SIN di Mantova; tali indagini hanno dato luogo ai seguenti fascicoli: 1) 778/2018 per il reato di omessa bonifica, per il quali sono indagate ai sensi del decreto legislativo n. 231 del 2001 le società Versalis ed Edison, nonchè tre dirigenti della stessa Versalis; 2) n. 780/2018 nei confronti di tre dirigenti di Versalis nonché della società stessa ai sensi del decreto legislativo n. 231 del 2001, per i reati di inquinamento ambientale e di omessa bonifica; 3) n. 956/2018 per reati in materia ambientale in cui risultano coinvolti dipendenti ed ex dipendenti di Eni Rewind SpA e di Versalis e di Edison. Sono altresì iscritte nel registro delle persone giuridiche indagate Eni Rewind SpA, Versalis SpA ed Edison SpA.
Procedimenti civili o amministrativi in materia di salute, sicurezza e ambiente.
Eni SpA – Eni Rewind SpA – Raffineria di Gela SpA – Ricorso per accertamento tecnico preventivo.
Nel febbraio 2012 è stato notificato a Raffineria di Gela, Eni Rewind SpA ed Eni un ricorso per accertamento tecnico preventivo da parte di genitori di bambini nati malformati a Gela tra il 1992 e il 2007, volto alla verifica dell’esistenza di un nesso di causalità tra le patologie malformative e lo stato di inquinamento delle matrici ambientali del Sito di Gela (inquinamento che sarebbe derivato dalla presenza e operatività degli impianti industriali della Raffineria di Gela e di Eni Rewind), nonché alla quantificazione dei danni asseritamente subiti e all’eventuale composizione conciliativa della lite. Dal dicembre 2015 sono stati notificati alle tre società interessate atti di citazione aventi ad oggetto complessivamente 30 casi di risarcimento danni in sede civile. Nel maggio 2018 è stata emessa la prima sentenza di primo grado avente ad oggetto un solo caso. Il Giudice ha rigettato la domanda risarcitoria, per mancata prova del nesso di causalità tra la patologia e il presunto inquinamento di origine industriale. La sentenza di primo grado è stata impugnata dalla controparte innanzi alla Corte d’Appello di Caltanissetta.
Val d’Agri – Eni/Vibac.
A settembre 2019, è stato notificato un atto di citazione dinanzi al Tribunale di Potenza da parte di 80 soggetti, residenti in vari Comuni della Val d’Agri, i quali lamentano danni patrimoniali, non patrimoniali, danni biologici e morali, tutti derivanti dalla presenza di Eni sul territorio. Al giudice adito si chiede di dichiarare la responsabilità di Eni per aver causato emissioni in atmosfera di sostanze inquinanti; si chiede altresì di ordinare l’interruzione delle attività inquinanti e subordinare la ripresa delle medesime all’avvenuta realizzazione di tutti gli interventi necessari ad eliminare le asserite situazioni di pericolo; infine, di condannare Eni al pagamento di tutti i danni, patrimoniali e non, diretti ed indiretti, presenti e futuri nella misura che sarà quantificata in corso di causa. Il giudizio è ancora in corso.
Eni Rewind SpA (in precedenza Syndial SpA) – Risarcimento danni per l’inquinamento da DDT del Lago Maggiore (Pieve Vergonte).
Nel maggio 2003, il Ministero dell’ambiente ha citato in giudizio Syndial SpA, chiedendo il risarcimento di un asserito danno ambientale attribuito alla gestione del sito di Pieve Vergonte nel periodo 1990-1996. Con la sentenza di primo grado del luglio 2008, il Tribunale civile di Torino ha condannato Eni Rewind SpA al risarcimento del danno, quantificandolo in 1.833,5 milioni oltre agli interessi legali, dalla data del deposito della sentenza. Eni Rewind SpA ha appellato la predetta sentenza. Nel marzo 2017 la Corte d’Appello ha escluso l’applicazione del risarcimento per equivalente monetario (art. 18 Legge 349/1986) e ha annullato la precedente condanna di Eni Rewind SpA , e richiesto da parte di Eni Rewind SpA l’esecuzione del Progetto Operativo di Bonifica (POB) per la parte relativa agli interventi sulle acque sotterranee, nonché alcune misure di riparazione compensativa; infine, ha respinto tutte le altre domande del Ministero (inclusa quella per danno non patrimoniale). Il valore delle misure di riparazione individuate dalla Corte, quantificato per la sola ipotesi di mancata o imperfetta esecuzione da parte di Eni Rewind SpA delle stesse, è stimato in circa 9,5 milioni. Il POB è stato presentato da Eni Rewind SpA, approvato dagli Enti e già in corso di esecuzione. Nell’aprile 2018 il Ministero dell’ambiente ha notificato ricorso in Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello. La Società e i suoi dirigenti si sono costituiti presentando ricorso e controricorso
Eni Rewind SpA – Risarcimento del danno ambientale (Sito di Cengio).
Dal 2008 è pendente un’azione risarcitoria dianzi al Tribunale di Genova avviata dal Ministero dell’ambiente e dal Commissario delegato alla gestione dello stato di emergenza ambientale nel territorio del Comune di Cengio nei riguardi di Eni Rewind SpA per danno ambientale relativo al sito di Cengio. La pretesa ammonta a circa 250 milioni per il danno ambientale, oltre al danno sanitario da quantificarsi in sede di causa. Nel marzo 2019 il Ministero dell’ambiente ha presentato a Eni Rewind SpA una proposta di chiusura transattiva della causa. La Società ha risposto con una controproposta nel luglio 2019. Sono succeduti alcuni incontri in ottica conciliativa nei quali il CTU e il CTP del Ministero hanno dichiarato la proposta della società in linea con la normativa. Parallelamente, nell’ambito della procedura di infrazione comunitaria sull’area A1, la Società ha avviato volontariamente e su richiesta del Ministero l’iter di VIA postuma. Il 20 aprile 2020 è stato pubblicato il Decreto di compatibilità ambientale con prescrizioni non sostanziali. In data 8 luglio 2020 sul portale del Ministero dell’Ambiente è stata dichiarata conclusa dal Ministro la procedura di infrazione contro l’Italia per la mancata sottoposizione a VIA delle bonifiche nel sito industriale di Cengio.
Eni SpA – Climate change.
Tra il 2017 e il 2018, presso le Corti dello stato della California sono stati promossi, da parte di autorità governative locali e da un’associazione di pescatori, sette contenziosi nei confronti di Eni SpA, di alcune controllate e diverse altre compagnie petrolifere, finalizzati al risarcimento dei danni riconducibili all’incremento del livello e della temperatura del mare nonché al dissesto del ciclo idrogeologico. Detti procedimenti, inizialmente promossi di fronte alle Corti statali, sono stati successivamente presentati alle Corti federali, per asserita carenza di giurisdizione delle Corti statali. Dopo un periodo di sospensione in attesa della decisione sulla competenza giurisdizionale, il 26 maggio 2020 è stato deciso il rinvio dei procedimenti alle Corti statali. Il 9 luglio 2020 Eni Oil & Gas Inc. ha sottoscritto, insieme ad altri convenuti, una petition for rehearing per chiedere una revisione della decisione di rinvio. I contenziosi rimarranno sospesi fino alla relativa decisione.
Altri procedimenti penali
Eni SpA – Procura della Repubblica di Milano – Proc. Pen. 12333/2017 (cd. Depistaggio).
Nel febbraio 2018 è stato notificato un decreto di perquisizione e sequestro con riferimento ad ipotesi di reato associativo finalizzato alla calunnia ed alle false informazioni rese al Pubblico Ministero. Dal provvedimento risultano indagati, tra gli altri, un ex legale esterno di Eni e un ex dirigente di Eni, all’epoca dei fatti contestati dirigente strategico in diversi ruoli aziendali. Secondo quanto riportato nel decreto, l’associazione sarebbe stata finalizzata ad intralciare l’attività giudiziaria in procedimenti penali che vedono coinvolta, tra gli altri, Eni ed alcuni dei suoi amministratori e dirigenti.
Il 4 giugno 2018 la Consob ha chiesto a Eni e al Collegio sindacale informazioni relative al predetto procedimento, ai sensi dell’art. 115, comma 1, del TUF. Il Collegio sindacale ha periodicamente aggiornato la Consob delle diverse iniziative di vigilanza assunte con diverse comunicazioni. Il 13 giugno 2018 è stata notificata a Eni una richiesta di consegna di documentazione ex art. 248 c.p.p., inerenti l’audit interno ed eventuali audit esterni relativi agli incarichi affidati all’ex legale esterno ad Eni, che risulta indagato nell’ambito del procedimento. In data 9 maggio 2019 Eni si è formalmente dichiarata persona offesa nel procedimento in oggetto. Nel maggio e giugno 2019, nell’ambito del medesimo procedimento, la Procura di Milano ha notificato ad Eni e a tre società controllate (ETS SpA, Versalis SpA, Ecofuel SpA) diverse richieste di documentazione ex art. 248 c.p.p. Il 23 maggio 2019 è stata notificata ad Eni un’informazione di garanzia con riferimento all’art. 25 decies del decreto legislativo n. 231 del 2001 per il reato di cui all’art. 377 bis c.p. (induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’Autorità giudiziaria). A seguito di audit interni, la Società ha denunciato per truffa, in data 21 giugno 2019, un dipendente di ETS, già licenziato il 28 maggio 2019, ed ha presentato un esposto all’Autorità giudiziaria per accertare la sussistenza degli estremi per il concorso in truffa di altri soggetti esterni ad Eni. Nel mese di novembre 2019 è stata notificata una richiesta di proroga delle indagini preliminari nei riguardi di Eni. Inoltre, risultano indagati per diverse ipotesi di reato alti dirigenti della società ed un ex dipendente di Eni, licenziato nel 2013. In data 23 gennaio 2020 è stato notificato un decreto di perquisizione, con contestuale informazione di garanzia, al Chief Services & Stakeholder Relations Officer, al Senior Vice President Security e ad un dirigente dell’ufficio legale. Il Collegio sindacale ha affidato, insieme al Comitato controllo e rischi e all’Organismo di vigilanza, agli stessi consulenti già incaricati nel 2018, un nuovo incarico per l’esame della documentazione predetta, al fine di descrivere e riassumere i fatti alla base delle ipotesi di reato contestate, nonché elementi fattuali e condotte da approfondire circa l’esistenza di eventuali criticità sostanziali o possibili carenze del sistema di controllo interno e di gestione dei rischi e del modello di organizzazione e di gestione dei rischi ex decreto legislativo n. 231 del 2001.
Procedimenti in materia di responsabilità penale amministrativa di impresa
Algeria. In ordine a procedimenti penali in Italia e all’estero su presunti pagamenti illeciti relativi a contratti aggiudicati dall’ex controllata Saipem in Algeria, sono stati rinviati a giudizio nel 2015 Eni, Saipem e otto persone fisiche (tra cui l’ex CEO e l’ex CFO di Eni, l’ex Chief Upstream Officer di Eni, all’epoca dei fatti oggetto di indagine responsabile di Eni E&P per il Nord
Algeria.
In ordine a procedimenti penali in Italia e all’estero su presunti pagamenti illeciti relativi a contratti aggiudicati dall’ex controllata Saipem in Algeria, sono stati rinviati a giudizio nel 2015 Eni, Saipem e otto persone fisiche (tra cui l’ex CEO e l’ex CFO di Eni, l’ex Chief Upstream Officer di Eni, all’epoca dei fatti oggetto di indagine responsabile di Eni E&P per il Nord Africa) per ipotesi di corruzione internazionale ai sensi del d. lgs. n. 231 del 2001, aventi ad oggetto la stipula da parte di Saipem di contratti di intermediazione per attività Saipem in Algeria.
Con sentenza del settembre 2018, il Tribunale di Milano ha emesso sentenza di assoluzione per Eni, per l’ex AD e per l’ex Chief Upstream Officer della Società relativamente a tutti i capi di imputazione. Anche l’ex CFO di Eni è stato assolto dalle accuse mosse a suo carico in tale ruolo presso Eni. In data 15 gennaio 2020 la Corte d’Appello di Milano ha confermato la sentenza di assoluzione di primo grado nei confronti degli ex manager Eni, dichiarando l’appello proposto dal Pubblico ministero inammissibile nei confronti della Società. In data 12 giugno 2020 la Procura Generale ha presentato ricorso per Cassazione per la sola parte della vicenda relativa a Saipem. In relazione all’indagine in Italia già alla fine del 2012 e di una informativa volontaria di Eni le competenti Autorità americane (Securities and Exchange Commission – SEC e Dipartimento di giustizia – DoJ) avevano avviato indagini sul tema. Il DoJ ha concluso le proprie indagini, ai sensi della normativa anticorruzione USA (FCPA), disponendo la chiusura del procedimento, come comunicato al mercato in data 1° ottobre 2019. Successivamente, Eni, avendo informato nell’aprile 2020 la SEC dell’assoluzione in appello, ha comunque concluso (il 15 gennaio 2020) una transazione con la SEC, che non comporta ammissione di responsabilità, sui profili contabili delle attività algerine della ex controllata di minoranza Eni, Saipem SpA. L’accordo ha previsto il pagamento di 19,75 milioni di dollari, che rappresenta la parte di competenza Eni, dei benefici fiscali ottenuti da Saipem in relazione ai costi sostenuti dalla stessa Società risultati indeducibili, oltre una somma a titolo di interessi risarcitori pari a 4,75 milioni di dollari .
Indagine Congo.
Nel marzo 2017 la Guardia di finanza ha notificato a Eni una richiesta di consegna di documenti ex art 248 c.p.p., relativa, in particolare, agli accordi sottoscritti da Eni Congo negli anni 2013/2014/2015 con il Ministero degli idrocarburi, volti ad attività di esplorazione, sviluppo e produzione su alcuni permessi e alle modalità con cui erano state individuate le imprese con cui Eni è entrata in partnership. Nel luglio 2017 è stata notificata ad Eni una nuova richiesta di documentazione ex art. 248 c.p.p. e un’informazione di garanzia ai sensi del decreto legislativo n. 231 del 2001, con riferimento al reato di corruzione internazionale. La Società ha consegnato la documentazione oggetto della richiesta e ha preso contatto con le competenti Autorità americane per avviare un’informativa volontaria sul tema. A seguito di proroghe delle indagini preliminari, nell’aprile 2018 la Procura di Milano ha notificato ad Eni un’ulteriore richiesta di documentazione e all’allora Chief Development, Operation & Technology Officer un decreto di perquisizione dal quale lo stesso, insieme ad un altro dipendente Eni, risulta fra gli indagati. Nell’ottobre 2018 l’Autorità giudiziaria ha eseguito il sequestro dell’account di posta elettronica di un dirigente Eni, già direttore generale di Eni Congo nel periodo 2010-2013. Nel dicembre 2018 e nel maggio e settembre 2019 sono stati notificati a Eni ulteriori provvedimenti di richiesta di documenti ex art. 248 c.p.p. La vicenda è stata portata a conoscenza dell’Autorità giudiziaria e delle competenti autorità americane (SEC e DoJ). Nel settembre 2019 la Società è stata informata della notifica al CEO di Eni di un decreto di perquisizione, con contestuale informazione di garanzia, per una ipotesi di omessa comunicazione di conflitto di interessi ex art. 2629 bis c.c., in relazione alla fornitura di servizi logistici e di trasporto ad alcune società controllate operanti in Africa, fra le quali, in particolare, ad Eni Congo SA, da parte di alcune società facenti capo alla Petroserve Holding BV nel periodo 2007-2018. La contestazione del reato si fonda sull’asserita riconducibilità al coniuge del CEO di Eni di una quota della proprietà di tale fornitore per una parte del periodo predetto. Al riguardo, la Società ha osservato che nessuna delle forniture oggetto di indagine è stata oggetto di delibera da parte del Consiglio di amministrazione di Eni SpA. In merito a tale vicenda, il Collegio sindacale, il Comitato controllo e rischi e l’Organismo di vigilanza hanno richiesto a consulenti, già incaricati nel 2018, approfondimenti ulteriori.
(NdR: Con sentenza di patteggiamento emessa il 25 marzo 2021 dal Gip del Tribunale di Milano, Sofia Fioretta, Eni è staa sanzionata al pagamento di un risarcimento di 11 milioni di euro ed un’ammenda di 800.000 euro per il reato di induzione indebita nel contesto del rinnovo delle licenze petrolifere Marine VI e VII).