venerdì 8 Dicembre 2023
Disarmo / Nonviolenza

Benelli armi

Qualche giorno fa sulla stampa locale è apparso un articolo sulla Benelli Armi in cui si esprimeva preoccupazioni per il protezionismo di Trump dopo che per 17 anni l’azienda ha rifornito il corpo dei marines Usa di fucili di precisione. Quindi non produce solo fucili da caccia, ma anche armi da guerra. Come ciò si concilia con la vocazione pacifista di una città che con la lotta partigiana ha voluto gettarsi per sempre alle spalle di orrori della guerra? Abbiamo atteso che da Urbino, autoproclamatasi “Città della Pace”, dai Qpartiti presenti in Consiglio comunale, tutti pronti a proclamare ad ogni piè sospinto il proprio credo di pace e di antiviolenza, dal mondo cattolico così presente nell’associazionismo cittadino, uscisse almeno qualche timida frase di distinguo e presa di distanza. Invece nulla. A ben poco serve l’insistere di Papa Francesco contro i “fabbricanti di armi” e “i mercanti di morte” (“i fabbricanti di armi che sono mercanti di morte dovranno rendere conto a Dio”). L’aggravante consiste nel fatto che la vendita avviene ad una potenza, gli Stati Uniti, che è presente con le sue truppe in vari scenari di guerra (dall’Afghanistan all’Iraq, alla Siria), che fornisce armi a diverse paesi che o sono stati, o lo sono tutt’ora, sostenitori dei gruppi terroristici più sanguinari, gli stessi che poi incitano e organizzano attentati nelle città europee. Silenzio anche da parte dei pacifisti, a cui forse basta esporre una bandiera della pace per mettersi a posto con la coscienza? Un silenzio assordante e colpevole. Eppure il Papa lo ha spiegato bene: il terrorismo usa quelle armi che vengono fabbricate in Occidente e che sono le protagoniste nelle varie guerre nel mondo. A chi palesa obiezioni, dalla numerosa galassia delle forze che si dicono pacifiste, arriva una sola risposta: tanto se non in Urbino, si fabbricano in un altro posto. Vale sempre l’italico detto “o con la Francia o con la Spagna purchè si magna” nonostante che il suo perseguimento abbia portato nella storia anche recente solo sventure. Non solo non c’è alcuna riflessione sul fatto che le armi fabbricate vengono poi usate per uccidere e devastare con le guerre anche nazioni a noi vicine, alimentando il flusso dei profughi,- e sappiamo che il più delle volte le vittime sono civili -,non solo non c’è alcun ritegno nell’apprendere che le armi vanno a chi è responsabile di varie guerre in violazione della stessa Carta dell’Onu, ma non c’è alcuna consapevolezza che una fabbrica d’armi diventa un obiettivo militare, coinvolgendo la comunità civile a possibili rappresaglie. Ad Urbino, a poche decine di metri in linea d’aria dalle mura rinascimentali abbiamo così una fabbrica d’ armi da guerra d’elevata tecnologia, che costituisce un grave danno all’immagine paesaggistica della città con i suoi magazzini che si ergono come due imponenti torri, che si è progressivamente mangiato tutto lo spazio circostante della vecchia stazione (ma come fanno quei partiti che hanno approvato questo scempio, a proclamarsi paladini del ripristino della ferrovia ??), che non garantisce quella storica vocazione pacifica della città, tanto l’autodefinizione “ Città della Pace” non coinvolge né le rappresentanze politiche, né l’associazionismo. Il degrado morale della città precede evidentemente quello sociale ed economico.