domenica 22 Dicembre 2024
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Senza risposta

Un uomo mi ha scritto: ‘Puoi andare a vivere in Francia, ma non puoi diventare francese. Puoi andare a vivere in Germania, in Turchia o in Giappone, ma non puoi diventare tedesco, turco o giapponese. Invece chiunque, da qualsiasi angolo della Terra, può venire a vivere in America e diventare americano’. […]
Questa è una delle fonti più importanti della grandezza americana. Guidiamo il mondo perché, unici tra le nazioni, prendiamo il nostro popolo – la nostra forza – da ogni paese e da ogni angolo del mondo. E così facendo rinnoviamo e arricchiamo la nostra nazione. Creiamo il futuro, e poi il mondo ci segue. Grazie a ogni ondata di nuovi arrivi in questa terra di opportunità, siamo una nazione sempre giovane, sempre piena di energia e nuove idee, e sempre all’avanguardia, che conduce il mondo verso la prossima frontiera. Questa qualità è vitale per il nostro futuro come nazione. Se mai avessimo chiuso le porte ai nuovi americani, la nostra leadership nel mondo sarebbe presto andata perduta”.

Questo testo è stato pronunciato da Ronald Reagan, presidente degli Stati Uniti dal 1981 al 1989, durante il suo ultimo discorso da presidente, il 19 gennaio 1989.
Reagan era molto di destra, in campo economico e sociale, e le sue scelte furono molto conservatrici. Eppure aveva una grande apertura nei confronti dei migranti perché sapeva scorgere, nella loro presenza, un elemento molto positivo.

Leggo le parole di Reagan, le confronto con quelle di Donald Trump, e mi domando cosa ha prodotto un tale cambiamento: la crisi economica e quindi una maggiore insicurezza? Una più marcata solitudine individuale che si trasforma in una minore necessità dell’altro? Un’informazione sempre più social ma sempre meno approfondita? L’abbassamento culturale non solo dei cittadini, ma anche delle classi dirigenti?

Non so rispondere.