sabato 5 Ottobre 2024
Sanità/Salute

Il diritto alla salute e il principio di precauzione

Nel mentre la Comunità scientifica mondiale è impegnata nella scoperta di una terapia efficace e nella elaborazione di un vaccino per combattere e prevenire il nuovo coronavirus, al quale peraltro è stato assegnato l’enigmistico nome COVID-19, allo stato l’unico rimedio possibile per arginarne la diffusione, è limitare il contatto tra le persone.

 

Anche per quanto riguarda i provvedimenti legislativi, che allegoricamente potremmo considerare la cura politica, soltanto in futuro sarà possibile valutarne con obiettività l’efficacia e la tempestività.

 

Tuttavia già oggi, pur continuando a combattere l’imperscrutabile nemico con tutte le armi che si hanno a disposizione, che nella stragrande maggioranza dei casi significa rispettare rigorosamente le prescrizioni sanitarie e amministrative promulgate, possiamo rilevare che alcune gerarchie valoriali sono già cambiate.

 

È il caso del diritto alla salute, ormai unanimemente riconosciuto anche dal punto di vista sostanziale oltre che formale, come l’unico fondamentale, essendo evidente a chiunque che soltanto la sua tutela può consentire il godimento degli altri.

 

La conseguenza più immediata, e si spera irreversibile, è il definitivo superamento di qualsivoglia conflitto tra il diritto alla salute e gli altri tra i quali, in primo luogo, il lavoro. Una questione che seppure risolta da tempo, quantomeno dalla giurisprudenza della nostra Corte Costituzionale nel 2018 e da quella di Strasburgo nel gennaio dello scorso anno è stata, almeno sino ad oggi, ciclicamente riproposta, come nel caso Ilva, mettendo in dubbio la necessità di preservare il benessere e la qualità della vita prima di altri diritti.

 

Una polemica che ha prodotto delle conseguenze esiziali poiché ha impedito l’attuazione di una piena affermazione, sia a livello locale che globale, del diritto alla salute. Un risultato che si sarebbe concretamente potuto raggiungere da tempo ove gli Stati, quantomeno a livello europeo, avessero riservato maggiore attenzione al Principio di precauzione. Una delle più importanti innovazioni culturali, prima ancora che giuridica, che pur essendo stata inizialmente introdotta nella normativa internazionale del settore ambientale, ha gradualmente esteso la sua operatività come strumento di protezione anche della salute umana.

 

La sua forza è quella di coniugare le diverse prerogative del diritto alla salute, caratterizzato da una difficile unitaria qualificazione, e quello della libertà di iniziativa economica e personale. Ma anche, a riprova che si tratti della più evoluta forma di prevenzione, di consentire un’effettiva interazione dei beni salute e ambiente evitando che gli stessi possano essere compromessi sia dai pubblici poteri (dalle comunità internazionali ai singoli Stati) che dai privati.

 

Non è un caso che a partire dal Trattato di Maastricht il principio in questione è stato recepito come caratterizzante le politiche dell’Unione nel settore ambiente e salute umana.

 

È realistico supporre che usciremo vittoriosi dal grave momento che ci affligge, come è già avvenuto in altri momenti bui della storia. Nondimeno, perché ciò accada bisogna da subito rendere operativo sotto tutti i profili, da quello etico a quello economico, il principio di precauzione in linea con quanto già stabilito, nell’ormai lontano luglio 2005, dalla Corte di Giustizia Europea. Ciò consentirà anche di superare il nostro radicato individualismo anarchico, come le scene di questi giorni hanno documentato mostrando persone che ritenendosi immortali hanno disatteso le indicazioni di cautela impartite dagli scienziati, mettendo a rischio l’incolumità degli altri, e di attuare una efficace mediazione comunicativa nella consapevolezza che le parole possono avere un diverso valore di verità a secondo delle modalità e della qualità di chi le pronuncia.