sabato 27 Luglio 2024
Politica italiana

«Noi premiati, vinta la sfida»

ROMA A sera, quando Mario Draghi ha sciolto la riserva e presentato la lista dei ministri, Nicola Zingaretti tira finalmente un sospiro di sollievo. La crisi si è conclusa. «Era la sfida più difficile: una squadra inedita. Abbiamo conferito la totale fiducia al presidente del Consiglio. E ora raccogliamo i risultati per un ruolo serio che abbiamo svolto», mormora il segretario mentre ascolta Mario Draghi.
I dem puntavano su Dario Franceschini, Lorenzo Guerini e Andrea Orlando. E Franceschini, Guerini e Orlando sono ministri. «In un passaggio stretto e difficilissimo — dice il segretario dem — il Pd ha mantenuto una grande unità, che gli ha permesso di collocarsi bene e di svolgere un ruolo positivo. Non era scontato. È stata un altra importante prova che ripropone il Partito democratico come forza centrale del cambiamento».
Ma Zingaretti non è preoccupato degli scricchiolii che si avvertono nel Movimento 5 Stelle? «La scissione di Di Battista dal M5S — risponde il segretario del Pd — conferma quanto sia stata sofferta l’adesione di questo movimento al governo Draghi. Alla fine la maggioranza che ha prevalso è stata favorita in molta parte da una saggia strategia unitaria che ha visto anche noi protagonisti. Che conferma, ancora una volta, quanto sia stata ridicola l’accusa rivolta a noi di subalternità».
Già, «subalternità», è un’obiezione che è stata rivolta più volte a Zingaretti e che gli brucia. Lui non la ravvede, anzi è convinto che l’atteggiamento tenuto fin qui dal suo partito sia fondamentale per non spostare l’asse del governo. Il segretario del Pd quindi non ha paura che questo esecutivo Draghi possa scompaginare gli assetti politici finora conosciuti? «La nostra tenuta e anche alla fine la scelta compiuta dal Movimento 5 Stelle e Leu — dice sicuro — stanno impedendo che Lega, Forza Italia e Italia viva possano rappresentare in un senso unico l’esperienza del governo Draghi, segnandone troppo l’identità e il profilo».
Ma questo è pur sempre un esecutivo che non si basa su formule politiche, quindi l’alleanza giallorossa rischia di sfaldarsi: «Ora — è il suo ragionamento — ci sono le condizioni perché, pur nelle difficoltà derivanti dal modello di un governo “senza configurazione politica” e con la presenza della Lega, pesi positivamente un’area omogenea e caratterizzata da valori comuni e dalla comune esperienza di governo dell’ultimo anno e mezzo».
L’altro ieri, nel suo intervento alla Direzione del Partito democratico, Zingaretti ha lasciato intendere che uno degli obiettivi dell’apertura di questa crisi, da parte di Matteo Renzi, fosse quello di colpire proprio l’alleanza giallorossa. Lo crede sul serio? A sentir lui, sì che lo pensa. E lo ribadisce con forza: «Dobbiamo sapere che aver gettato l’Italia nella crisi aveva come obiettivo colpire proprio l’alleanza politica che ha salvato il Paese dalla marea populista e che aveva visto il Partito democratico, malgrado l’11% della rappresentanza al Senato a causa della sconfitta del 2018, diventare l’architrave politico del campo democratico. In crescita elettoralmente e centrale politicamente».
C’è solo questo o Zingaretti ritiene che ci fosse anche un altro motivo dietro la decisione di mandare a casa il governo Conte? «L’obiettivo politico — è la risposta pronta del segretario dem — è stato quello di destrutturare l’insieme del sistema politico italiano, rendendo confusi i confini tra i democratici e la destra». Ma se così fosse veramente, si tornerebbe al quesito di prima: che farà il Pd di fronte a questo scompaginamento dei «vecchi» assetti politici? «Noi siamo nelle condizioni — è la convinzione del segretario del Pd — di sconfiggere questi tentativi. Attraverso una nostra totale generosità nei confronti del governo Draghi e attraverso il rafforzamento della nostra autonomia programmatica, culturale e politica che in Parlamento faremo valere».
Ma Zingaretti non pensa che con il governo Draghi la politica venga almeno momentaneamente messa in soffitta? «I prossimi — sottolinea il segretario dem — non saranno mesi di “sciopero” della politica. Al contrario saremo i primi e i più coerenti nello spingere il governo ad affrontare le emergenze italiane e allo stesso tempo lavoreremo per rendere più chiaro il profilo del Partito democratico, la sua identità e il suo radicamento nella società. Ora obiettivo prioritario è salvare le giovani generazioni che non possono essere solo gli eredi del disastro economico e sociale. Quindi scuola, università e lavoro devono essere gli obiettivi principali per dare ai ragazzi quella nuova libertà che altrimenti rischia di essere negata». Ma la riforma elettorale e le atre riforme su cui puntava tanto il Partito democratico che fine faranno? «Lanceremo in questi mesi una sfida costituente. Cioè un lavoro parlamentare tra tutte le forze politiche in grado di rendere più robuste le istituzioni italiane, definire una legge elettorale che dia maggiore rappresentanza, accompagnata da riforme in grado di rendere più stabile la forma di governo», è la replica di Zingaretti a questo interrogativo.
In tutto ciò a breve vi saranno le Amministrative, il Pd come si preparerà a questi appuntamenti? «Sì — spiega Zingaretti — avremo anche di fronte prove elettorali amministrative di grande rilevanza. Nel pieno rispetto dei territori, ci impegneremo a rilanciare una forte vocazione unitaria aperta a esperienze politiche, civiche e di grandi personalità democratiche».