lunedì 9 Settembre 2024
Europa

Patto di Stabilità, fra Consiglio e Parlamento europeo

l lungo processo di revisione del Patto di
Stabilità sembra giunto alle sue battute finali.
Dopo due consultazioni pubbliche, due comu-
nicazioni e il pacchetto legislativo proposto
dalla Commissione lo scorso aprile, finalmen-
te i due co-legislatori – il Consiglio dell’UE e
il Parlamento europeo – hanno completato i
loro rispettivi lavori. Ora resta da fare l’ultimo
miglio: il negoziato interistituzionale.
Questo percorso di riforma era iniziato con tre
grandi obiettivi: semplificare le regole ed eli-
minare l’utilizzo di variabili non osservabili,
dare agli Stati Membri un orizzonte di medio-
lungo periodo per ridurre il debito e fare gli
investimenti necessari per l’innovazione e per
la crescita, eliminare i vincoli quantitativi
uguali per tutti e sostituirli con linee guida e
piano di rientro nazionali che tenessero conto
non solo delle specificità di ciascun Paese, ma
anche del necessario coordinamento europeo
delle politiche di bilancio nazionali.
Questi tre obiettivi sono stati significativa-
mente snaturati dall’accordo accettato dal
governo italiano in Consiglio. L’insieme delle
regole è estremamente pesante e complicato,
sono state ripristinate le variabili non osserva-
bili contro cui l’Italia in passato aveva fatto
una dura battaglia, l’orizzonte di medio-lungo
periodo è minato dalla reintroduzione – prete-
sa a gran voce dalla Germania e dagli altri
paesi “frugali” – di vincoli annuali sulla ridu-
zione del deficit e del debito
uguali per tutti. Gli unici mini-
mi margini di flessibilità previ-
sti valgono solo per i primi tre
anni. Il punto sarà capire l’im-
patto del nuovo Patto nel
medio termine, quando non ci
sarà più la flessibilità del 2025-
2027.
La narrativa costruita dal
governo è che il testo uscito dal
lungo e complicato negoziato
in Consiglio, sebbene non per-
fetto, sarebbe comunque molto meglio del
Patto di Stabilità attualmente in vigore. In
realtà dovremo valutare bene la sua applica-
zione per capire se e in che misura sono stati
fatti passi in avanti davvero incisivi. Se da un
lato è vero che i vincoli previsti dall’attuale
Patto sono più ambiziosi e difficili da rispetta-
re rispetto ai nuovi, è anche vero che le regole
attuali prevedono molta flessibilità nella loro
applicazione, cosa che invece è praticamente
scomparsa dall’accordo in Consiglio. Inoltre,
la vecchia governance economica è stata in
larga parte disegnata un quarto di secolo fa,
quanto le difficoltà demografiche, la transizio-
ne digitale ed ambientale, le sfide geopolitiche
non erano nemmeno immaginabili o comun-
que non nella portata che ci troviamo davanti
ora. Lo scopo della riforma era proprio quello
di cambiare radicalmente delle
regole che – come la stessa
Commissione europea ha rico-
nosciuto – erano divenute ormai
inapplicabili e rischiavano addi-
rittura di risultare controprodu-
centi. Ma questo cambiamento
profondo e radicale, oggettiva-
mente, non si intravede.
Il percorso non è finito. Le leggi
e i regolamenti europei si fanno
con il voto del Consiglio e del
Parlamento europeo, e quando i
due testi sono diversi si fa il cosiddetto “trilo-
go”, cioè un negoziato interistituzionale più o
meno lungo per trovare un accordo. Il testo
del Parlamento è decisamente migliore di
quello del Consiglio: conserva l’approccio
iniziale della Commissione, e in alcune parti
lo migliora introducendo da un lato maggiore
spazio per gli investimenti e, dall’altro, una
maggiore considerazione per gli aspetti socia-
li. Mi auguro quindi che il governo italiano si
attivi sin da subito per far sì che il Consiglio,
durante il negoziato delle prossime settimane,
accolga le proposte migliorative del
Parlamento. Sarà sicuramente un negoziato
difficile, ma spero si possano fare importanti
passi avanti.