sabato 27 Luglio 2024
Mafia

«Bruzzese, delitto senza attenuanti» Chiesto l’ergastolo per il ‘palo’

Ha ascoltato la richiesta dell’ergastolo nei suoi confronti senza mostrare alcun cedimento. Sguardo fisso alla videocamera che inquadrava la sua immagine proiettandola dai monitor in aula. Rocco Versace, accusato di essere il complice nell’omicidio di Natale che 6 anni fa è costato la vita a Marcello Bruzzese, fratello del collaboratore di giustizia Girolamo, ha assistito ieri in videocollegamento dal carcere all’udienza che si è svolta al tribunale di Pesaro. Hanno assistito in videocollegamento da siti protetti anche le sorelle della vittima e il fratello. Marcello Bruzzese, il 25 dicembre del 2018, era stato freddato da una scarica di proiettili non lontano dalla propria abitazione in via Bovio nell’ambito di un regolamento di conti: il mandante dell’omicidio sarebbe stata la cosca Crea. Ieri nell’aula della corte d’assise la procuratrice Monica Garulli ha formulato la richiesta di pena concludendo la sua requisitoria dopo quelle degli altri due pm Daniele Paci e Paolo Gubinelli che avevano esposto le proprie tesi durante l’ultima udienza della scorsa settimana. La procuratrice ha chiesto l’ergastolo per il reato di omicidio aggravato dall’associazione mafiosa «non c’è spazio per le attenuanti generiche. Si è trattato di un omicidio efferato, nei confronti della vittima c’è stata solo insensibilità e indifferenza. Siamo al di fuori della possibilità di una valutazione diversa». Durante la propria requisitoria la procuratrice ha ricostruito le varie fasi che hanno portato all’uccisione di Marcello Bruzzese e dove, secondo l’accusa, tutti gli indizi confluiscono solo e soltanto in un’unica direzione e cioè nella partecipazione alla progettazione dell’omicidio del quale sono già stati condannati all’ergastolo, come esecutori materiali Francesco Candiloro e Michelangelo Tripodi. «Esiste un’ipotesi alternativa? No. Non ci sono spiegazioni causali alternative plausibili che invalidano l’attitudine degli indizi». Secondo l’accusa non esiste una spiegazione logica per illustrare la presenza di Rocco Versace nell’area in cui viveva la vittima. Ad esempio, secondo quanto ricostruito ieri in aula, il 19 e il 20 novembre 2018, un mese prima del delitto, Versace sarebbe stato a Pesaro insieme a Tripodi. E non ci sarebbe una spiegazione alternativa nemmeno in merito alle false generalità fornite durante la permanenza, ai falsi documenti. Anche l’utilizzo di utenze criptate, i cosiddetti «criptofonini» che, secondo quanto delineato dal pm Paolo Gubinelli nel corso della passata udienza sarebbero una sorta di moderni «pizzini», sarebbe un elemento indiziario che dimostrerebbe la colpevolezza dell’imputato. Durante l’udienza di ieri si sono susseguite anche le richieste della parte civile. L’avvocato di parte civile Ada Odino che assiste madre e sorelle della vittima ha richiesto una provvisionale di 100 mila euro ciascuno e una successiva quantificazione in sede civile dell’ammontare del danno subito. Nell’udienza di ieri anche la lunga arringa dei difensori di Rocco Versace che hanno ricostruito la vicenda offrendo una lettura diametralmente opposta a quella dell’accusa. Ora la parola passa al giudice e alla giuria popolare. La sentenza è attesa per il 19 giugno.