Siamo ancora in democrazia?
E’
passato alla Camera il cosiddetto “processo breve”. Credo che se
si trattasse di una legge che assicura la riduzione dei tempi dei
processi, ne saremmo tutti ben felici. Il motivo per cui siamo ancora
qui a scriverne e a rovinarci il fegato è che, al contrario, il
“processo breve” è solo un’etichetta.
Come
ha detto Michele Vietti, vicepresidente del Consiglio Superiore della
Magistratura, “chiamarlo processo breve o processo europeo ormai
è pubblicità ingannevole”.
Nei
fatti concreti di breve non ci sarà nulla, se non la morte del
processo stesso a causa della prescrizione.
E’
avvilente vedere il Parlamento italiano che, invece di trovare un
accordo tra maggioranza e opposizione sulle tante cose che
servirebbero per far funzionare la giustizia, si deve occupare dei
problemi giudiziari del Presidente Bunga Bunga.
E’
infatti singolare che l’oggetto principale della discussione sul
“processo breve” siano i danni che potrà causare. Solitamente il
fulcro della discussione di una legge dovrebbe invece essere “quali
migliorie comporterà”.
E’
evidente che si tratta di una norma pensata e voluta per una singola
vicenda giudiziaria (processo Mills, Mediaset e Mediatrade del
Presidente Bunga Bunga) invece di una legge che interessa tutti i
cittadini italiani.
Attualmente,
i fenomeni italiani più gravi che questa legge può interessare sono
due: la corruzione e l’evasione fiscale. La corruzione è ormai
dilagante nel nostro Paese e allo stesso tempo l’evasione fiscale è
molto elevata.
Questi
due fenomeni hanno la caratteristica di non venire immediatamente
scoperti perché non si tratta di illeciti “visibili”, come
possono esserlo un furto o un omicidio. Un episodio di corruzione o
di evasione fiscale vengono scoperti quando è già trascorso del
tempo.
Il
problema di questa legge è che se, ad esempio, si scopre che cinque
anni fa un pubblico ufficiale ha riscosso una tangente di un certo
importo, (paradossalmente gli vengono trovati anche i soldi che gli
vengono sequestrati) o si riesce a sottoporlo al processo entro due
anni (primo grado, secondo grado e Cassazione) oppure non solo viene
assolto per prescrizione ma gli vengono anche restituiti i soldi.
Il
Presidente Bunga Bunga all’uscita dal tribunale ha dichiarato che “i
magistrati di Milano lavorano contro il paese”, oltre a
indicare i magistrati come “brigatisti”.
Lo
stesso giorno in cui il Presidente Bunga Bunga rilasciava queste
dichiarazioni la procura di Milano eseguiva diciannove misure
cautelari ad appartenenti alla ‘ndrangheta, accusati di vari omicidi
commessi nella provincia di Milano. Il magistrato titolare
dell’indagine è Ilda Boccassini.
Il
Presidente Bunga Bunga definisce “brigatisti” i magistrati
che si espongono in prima persona per contrastare la più grossa
organizzazione criminale del mondo. Queste dichiarazioni aiutano o
non aiutano le azioni di contrasto nei confronti di un fenomeno
criminale così grave?
A
me sembra un favore alle organizzazioni criminali…
Il
Presidente Bunga Bunga si giustifica dicendo che lui comunque è
stato eletto dal popolo e quindi deve essere tutelato. Forse si
dimentica che una democrazia moderna nasce dal rispetto delle regole
che un popolo si è dato, prima ancora del consenso stesso.
Ma
forse sta proprio qui il problema… la nostra non è più una
democrazia!