Terremoto: nota del Coordinamento No Triv
Terremoto: responsabilità, gravi ed evidenti, di chi ha governato negli ultimi anni. Per un immediato cambio di rotta necessarie la pressione e la partecipazione dei cittadini.
Mettere accanto, l’uno all’altro, i termini “terremoto” ed “emergenza” o “fatalità” è un oltraggio alla memoria delle 4.842 vittime che si sono registrate negli ultimi cinquant’anni in Italia a seguito di eventi sismici.
Se è vero, infatti, che non è possibile prevedere i terremoti, è altrettanto vero che in un Paese con un rischio sismico tra i più alti nel mondo e con 3.690 terremoti di magnitudo superiore a 2.5 negli ultimi 5 anni, il minimo che si possa fare è prevenire: il che significa, come va ripetendo da anni l’inascoltato Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, “rispettare le norme antisismiche nella costruzione di nuovi edifici e cercare di mettere in sicurezza gli edifici già esistenti, soprattutto quelli di edilizia pubblica”.
Mentre in Giappone e Stati Uniti si sono ottenuti importanti risultati nel minimizzare gli effetti distruttivi di eventi sismici di magnitudo ben superiore a quella del sisma di Amatrice ed Arquata, in Italia invece i terremoti si trasformano quasi sempre in tragiche emergenze ed in eventi luttuosi.
Il prezzo che si paga al piegarsi alla logica dell’emergenza ha anche altre conseguenze nefaste: ragionando in termini strettamente ragionieristici, per ricostruire si spende molto più che prevenire. Si stima, infatti, che le varie ricostruzioni post-terremoto degli ultimi cinquant’anni (dal Belice in poi) siano costate alla collettività qualcosa come 150 miliardi di euro mentre per mettere in sicurezza gli edifici già esistenti ne occorrerebbero 80.
Ricostruire in situazioni di “emergenza” determina inoltre incapacità di controllo della spesa (lo ha certificato la Corte dei Conti), pessimi risultati dal punto di vista tecnico-costruttivo (si pensi ai numerosi casi di crollo dei balconi degli alloggi antisismici a L’Aquila); favorisce il diffondersi di fenomeni corruttivi e mafiosi-camorristici-ndrangestisti (vedi Irpinia e, di nuovo, L’Aquila), l’annientamento di intere comunità e delle relazioni sociali; determina, infine, lo stravolgimento delle regole dello Stato di diritto (limitazione delle libertà personali, espropriazione dei poteri degli enti territoriali, ecc.).
La logica emergenziale alimenta il vortice dell’irresponsabilità collettiva ed è per questa ragione che deve essere denunciata all’opinione pubblica che ha a sua volta il diritto-dovere di reagire.
La responsabilità delle devastazioni e del pesante tributo pagato in termini di vite umane per eventi sismici (quasi 5.000 vittime negli ultimi 50 anni) e per disastri ambientali (si pensi, ad esempio, ai recenti fatti di Genova o all’alluvione di Sarno con i suoi 159 morti o a quella piemontese del 1994 che causò 70 vittime) va ascritta per intero a coloro che, investiti di responsabilità di governo, hanno brillato per inerzia, spingendosi fino a promuovere l’utilizzo predatorio e spregiudicato del territorio.
Come dimenticare, in tempi recenti, l’edificazione e l’infrastrutturazione, con tanto di pareri favorevoli ed autorizzazioni, di parte della città de L’Aquila su una faglia attiva (Pettino), e la seguente ricostruzione nel medesimo sito ad alto rischio sismico? Come non ricordare che il decantato “Sblocca Italia” è la più recente e forse la più tristemente nota tra le modalità con cui la bramosia di devastazione dei territori si è tradotta sul piano legislativo?
Mancata prevenzione antisismica, edificazione selvaggia, trivellazioni, realizzazione di infrastrutture energetiche inutili, impattanti e dispendiose, sono figlie della stessa cultura predatoria, della medesima matrice ideologica i cui pilastri portanti sono lo sfruttamento dissennato del territorio, la mancanza di rispetto del diritto alla vita ed il saccheggio dei beni comuni.
Questa nuova tragedia nazionale non è frutto della casualità ma ha mandanti ed esecutori che meritano di essere sfiduciati dai cittadini e sanzionati, quanto meno sotto il profilo politico.
In merito ad altri profili di responsabilità sarà la magistratura a pronunciarsi. La Procura di Rieti, che ipotizza il reato di disastro colposo, è già al lavoro. Confidiamo che giustizia sia fatta e che non abbiano a ripetersi i fatti de L’Aquila (assoluzione in Cassazione dei componenti della Commissione Grandi Rischi e condanna delle famiglie delle vittime al pagamento delle spese processuali).
Dopo questa nuova strage di innocenti, nessuno può arrogarsi il diritto di tergiversare: occorre subito una rapida inversione di rotta nelle politiche di governo del territorio e nella pianificazione delle opere, anche di quelle ritenute fino ad oggi strategiche e di interesse nazionale.
Nulla è più strategico e nulla risponde in maggior misura all’interesse nazionale che la tutela della sicurezza e della vita dei cittadini!
Governo e Regioni si facciano promotori SUBITO di un Piano Straordinario di messa in sicurezza dell’intero territorio italiano -dal punto di vista sismico, idrogeologico e paesaggistico-, sul modello dell’Unica Grande Opera (UGO) di Salvatore Settis e Tomaso Montanari, e del patrimonio edilizio privato e pubblico, reperendo risorse anche in ambito U.E., stimate in 4 miliardi di euro/anno per 20 anni, che devono poter essere impegnate anche in deroga ai limiti posti dal Patto di Stabilità e che, oltre tutto, genererebbero nuove attività d’impresa, occupazione qualificata e gettito fiscale.
Con riferimento alla prevenzione degli effetti distruttivi degli eventi sismici, sul modello di quanto fatto in Toscana con la legge regionale n. 56 del 1997, che per prima ha introdotto finanziamenti pubblici per i privati, è necessario ed urgente procedere alla realizzazione di indagini di microzonizzazione sismica in tutto il territorio nazionale (i fondi assegnati ai Comuni sono stati utilizzati tutti e non si sono rivelati sufficienti), di verifiche sismiche su edifici pubblici, di una rete sismica e geodetica; promuovere una campagna di capillare informazione diretta alla popolazione e nelle scuole; mettere a disposizione delle famiglie incentivi e finanziamenti in misura tale da incoraggiarle a verificare sotto il profilo sismico e, se del caso, ad adeguare le abitazioni di proprietà; semplificare l’attuale meccanismo per l’erogazione dei contributi già stanziati e disponibili.
Tali nuovi finanziamenti pubblici sono da intendere come aggiuntivi, cumulabili e non sostitutivi rispetto alla misura della detraibilità fiscale prevista nella misura del 65%, per spese di adeguamento sismico sostenute per abitazioni ed immobili di tipo industriale, che andrebbe anch’essa resa strutturale.
Sempre nell’ottica della prevenzione e della corretta pianificazione delle opere pubbliche, dovrebbero essere introdotti più severi requisiti nella valutazione di compatibilità ambientale, nella selezione delle aree in cui è possibile realizzare determinate opere ed attività, e più elevati standard qualitativi nella progettazione di autostrade, dighe, acquedotti, gasdotti, ecc..
Con riferimento alle opere ed alle attività “petrolifere”, la soppressione del Piano delle Aree, prevista nella Legge di Stabilità 2016 e fortemente voluta dal Governo, va nella direzione opposta. Lo strumento deve essere assolutamente recuperato in modo che si sappia una buona volta cosa può essere costruito e cosa no ed in quali aree del Paese.
Il sistema Paese reclama un salto di qualità e di razionalità per porre rimedio agli effetti delle scelte scellerate del passato e per prevenirne di nuove.
Il pensiero corre alla diga idroelettrica di Rio Fucino, sul lago di Campotosto, costruita sulla faglia dei Monti della Laga, in provincia di Teramo, il cui cedimento spazzerebbe via interi centri abitati a valle; alle 8 esplosioni di metanodotti verificatesi in Italia dal 2004 ad oggi (Montecilfone, Tarsia, Tresana, Sciara, Sant’Alberto, Pineto, Roncade ed Alta Val Marecchia); alle campagne di trivellazioni autorizzate sia a terra in zone ad alto rischio sismico (Emilia, Basilicata) sia in mare, in aree soggette al fenomeno della subsidenza (Ravennate e Veneto); alle attività di reiniezione a forte pressione dei fluidi di scarto della lavorazione del petrolio, a circa 4 km di profondità, che si vorrebbero effettuare in Basilicata all’interno delle rocce carbonatiche deformate della piattaforma apula; infine, al TAP, al ” grande tubo” lungo quasi 700 chilometri, che, nonostante l’opposizione di alcune Regioni, attraverserà l’Italia dalla Puglia fino all’Emilia Romagna, transitando lungo la dorsale appenninica ed attraversando le località più colpite dal terremoto del 1997 (Marche ed Umbria), dal sisma del 6 aprile 2009, in provincia de L’Aquila, e, infine, dal nuovo terremoto di magnitudo 6.2 che ha raso al suolo Amatrice, Accumoli e Pescara del Tronto ed altri borghi minori.
In ultimo ma non per ultima, la riforma del Titolo V della Costituzione, con tutto ciò che ne conseguirà in termini di mancata interlocuzione e collaborazione tra Stato e Regioni in materia di approvazione di opere ed infrastrutture energetiche, con conseguente accentramento delle scelte nelle mani dello Stato che potrà disporre a proprio piacimento dei territori e delle loro fragilità ambientali, come si è già verificato con il TAP.
Centralizzare non paga neppure sotto il profilo della gestione dei contributi previsti per la messa in sicurezza degli edifici privati. Nel 2013, ad esempio, delle 11.000 domande presentate ai Comuni, dopo un lungo passaggio di carte dai Comuni alle Regioni e da queste alla Protezione Civile, ne sono state accolte appena 1.849, per un contributo medio a pratica di circa 20 mila euro.
ll capitolo delle modifiche costituzionali si inserisce in un disegno complessivo di riforme della Carta e strutturali che riduce la possibilità per i cittadini di compiere scelte democratiche e di partecipare alle decisioni che hanno una ricaduta diretta e inequivocabile sulla propria salute, sulla sicurezza, sul benessere delle famiglie e della comunità.
E’ il momento che i cittadini si riapproprino di questo diritto-dovere e che si prenda atto della gravità della situazione del nostro Paese che, ancora una volta, si riscopre fragile da un punto di vista strutturale, ma ricco di partecipazione civica.
E’ compito di chi governa i territori, ma anche di noi cittadini nel richiederle e sollecitarle, dar vita a politiche economiche che riducano il distacco tra la difesa del suolo e della salute pubblica (poca) e la solidarietà umana (molta).
Roma, 26 agosto 2016
Coordinamento Nazionale No Triv
Canessa
condividendo questa approfondita analisi, aggiungo poche righe
La zona colpita in massima parte dall’ultimo terremoto fa parte dell’alto lazio in provincia di Rieti; da Antrodoco fino ad Ascoli è attraversata della via Salaria.
La zona montana a copertura forestale, era già stata messa a dura prova negli ultimi decenni dall’abbandono dei residenti in cerca di occupazione. Pochi fondi pubblici erano stati investiti, poco interesse in generale, non se ne sentiva quasi mai parlare. Molte abitazioni restavano disabitate per gran parte dell’anno, i fondi per la manutenzione ed il ripristino scarseggiavano, quelli per la messa in sicurezza antisismica non solo non si potevano spendere ma neanche usava farla. I comuni in gran parte poveri non potevano permettersi la ‘microzonazione’ sismica, la messa in sicurezza degli edifici pubblici. La regione e la provincia non riuscivano ad arrivare fin la, diventatat terra di nessuno. Spero allora, e me lo auguro con tutto il cuore, che ogni progetto/programma/intervento di ricostruzione, si occupi prima del recupero e del rilancio economico, sociale, culturale di questa bellissima parte d’Italia, della messa in produzione dei territori, fattore indispensabile per il rientro degli abitanti nella loro bellissima zona di origine, della rivalutazione del territorio appenninico, del recupero delle tradizioni, della rinascita di questa bella parte d’Italia che rischia di diventare un altra ennesima sconfitta per tutti noi