Riflessioni dopo il voto europeo
Il
risultato italiano del voto del 25 maggio a mio avviso non è di
facile interpretazione. Rispetto agli altri paesi europei il voto in
Italia è stato più complicato, soprattutto perché c’erano forze
politiche nuove.
In
questa tornata europea, rispetto alla precedente del 2009, c’erano
infatti parecchie novità: il Movimento 5 Stelle, il Nuovo Centro
Destra (cinque anni fa si presentava insieme a Forza Italia nel Pdl),
L’altra Europa con Tsipras, Scelta Europea (invece dell’Udc).
Rispetto al 2009 il panorama politico italiano è molto differente.
Lo stesso Partito Democratico si è presentato come un partito
diverso. Non più di sinistra, nemmeno di centrosinistra, con Renzi
il Pd ha subìto un cambiamento strutturale che lo fa assomigliare
più a un partito americano piuttosto che al tradizionale partito che
abbiamo visto in questi anni. Il Pd si è presentato alla
competizione europea non più con leader storici di peso, come è
stato in passato, ma come un partito “liquido” con tante facce
nuove, soprattutto giovani, di difficile identificazione ideologica.
Anche
la sinistra cosiddetta “radicale” è stata contagiata dalla
necessità di un leader, se è vero che per superare il temuto
sbarramento al 4% si è dovuto “prendere in prestito” un leader
greco.
Quando
si parla di “partito del capo” non si può non parlare di
Berlusconi e Grillo.
Forza
Italia ha perso (e anche parecchio) proprio perché subisce le
“sfortune” del capo. Berlusconi non ha avuto la “libertà” di
muoversi a causa delle condanne subite ma anche perché
oggettivamente sta invecchiando.
Il
risultato che ha ottenuto Grillo di per sé non è affatto male. In
fondo, superare il 21% dei voti validi, cioè quasi 6 milioni di voti
in valori assoluti, alla prima vera elezione europea affrontata, non
dovrebbe apparire così disastroso. Ma i propositi annunciati e
urlati agli elettori erano così pieni di attese che il risultato
ottenuto, rispetto alle aspettative, fa sembrare quel 21% una
sconfitta. Grillo e Casaleggio, dopo aver fissato l’obiettivo nel
sorpasso e averlo gridato ovunque, sono stati i principali artefici
della loro delusione.
In
un partito normale la gestione della campagna elettorale, così come
è stata fatta nel M5S, avrebbe comportato le dimissioni del
segretario del partito. Non è così nel M5S dove non si può
sfiduciare il “capo” pena la dissoluzione del Movimento-partito
stesso.
Torniamo
quindi alla figura dell’uomo forte al potere, del leader che non si
discute. D’altronde Grillo e Casaleggio sembrano fare e disfare a
proprio piacimento.
Per
anni hanno ribadito il concetto che latelevisione
è mortae che igiornalisti
sono “morti viventi”, salvo poi ritrovarsi Grillo ospite di
Bruno Vespa a una puntata di “Porta a porta”.
Per
mesi hanno ripetuto che il Movimento 5 Stellenon
si sarebbe alleato con nessun’altra forza politica, così come
scritto nello Statuto, e poi ti ritrovi Grillo (tra l’altro senza
diretta streaming) che cerca l’accordo con illeader inglese Farage.
Il parlamentare grillino (fedelissimo) Luigi di Maio ha provato a
giustificare il possibile accordo con Farage affermando che “il
gruppo serve a fare massa critica e avere peso contrattuale per
alcuni provvedimenti”. Perché, mi domando, questo discorso può
andare bene in Europa e non in Italia?
Le
elezioni europee appena concluse ci hanno mostrato che le principali
forze politiche italiane oggi in campo hanno tutte un comune
denominatore, cioè un leader forte, e ci hanno lasciato uno scenario
che a me personalmente non piace, caratterizzato da:
-
una
forte astensione dovuta al fatto che una larga fetta della
popolazione è tagliata fuori dal processo politico
inteso come partecipazione attiva e dunque
è disinteressata al voto; -
l’assenza
di partiti che non siano comitati elettorali; -
l’incentrarsi
dei partiti stessi sulla figura del proprio “capo” che si
esprime in maniera privilegiata su social network e blog.
L’essere
arrivati a questo punto è stata la degna conclusione di un lungo
processo di declino dei partiti di massa e della riduzione della
competizione agli show televisivi dei
leaders. Difatti il punto “più alto” della competizione
elettorale appena terminata sembra sia stato il dibattito sulla
partecipazione di Grillo – Renzi – Berlusconi alla trasmissione
di Bruno Vespa, elevando così la trasmissione di “Porta a Porta”
alla Terza Camera dello Stato.
Renzi-Berlusconi-Grillo
sembrano volerci “obbligare” alla personalizzazione del
partito.
Sarà così… ma io non vorrei arrendermi all’idea che
prima ancora di pensare ad un partito dobbiamo ripensare al
modello di democrazia.