mercoledì 9 Ottobre 2024
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Glifosato: in attesa della disposizione europea

Da due anni i governi europei rinviano la decisione se prolungare o vietare l’uso del glifosato, componente essenziale dal Roundup, il diserbante prodotto dalla Monsanto. Nel 2015 l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) aveva classificato il diserbante come “probabilmente cancerogeno” per gli esseri umani.

Entro il 15 dicembre i paesi dell’Unione europea dovranno decidere se rinnovare la licenza d’uso del glifosato. In altri termini, se continuare a esporre i loro cittadini, in particolare gli agricoltori, agli effetti di un pesticida considerato probabilmente cancerogeno dall’Iarc.

Non resta molto tempo.

Questa situazione di estrema confusione è dovuta al fatto, come scrive Internazionale, “che la Monsanto ha usato dei metodi di pressione aggressivi e poco onesti, come dimostrano i Monsanto papers (Internazionale 1214 e 1227), le migliaia di documenti interni resi pubblici dall’azienda in seguito a un’azione legale avviata negli Stati Uniti. La Monsanto manipola in modo sistematico i dati scientifici. Gli studi forniti dall’azienda erano alla base della decisione delle autorità statunitensi di autorizzare l’impiego del glifosato nel 1974 e hanno spinto le agenzie europee a dare il via libera nel 2015 e nel 2017″.

Il 25 ottobre 2017 i deputati europei hanno adottato una risoluzione non vincolante per chiedere di vietare il glifosato entro il 2022. Ma la Commissione europea sembra voler ignorare l’indignazione provocata dalla vicenda.

Questi indugi alimentano l’incomprensione dell’opinione pubblica.

Come scrive Le Monde: “Prendere decisioni politiche “basate sulla scienza”: a Bruxelles questo slogan da lobbisti è diventato una parola d’ordine, se non una giustificazione. Gli industriali vogliono che le decisioni si basino sulla scienza, a condizione che la scienza sia quella prodotta dai loro studi. È positivo che i cittadini, tagliati fuori dalle discussioni tecniche condotte a porte chiuse, facciano pesare le loro preoccupazioni e si riapproprino del dibattito democratico. Anche se fondate sulla scienza, le decisioni devono essere politiche. La Commissione non può più ignorarlo“.

Fonti: Internazionale, Le Monde