Pompili: «Avevo studiato la Cina E qui il virus era come a Wuhan»

L’epidemiologo della Regione racconta quei giorni, quando le Marche capirono prima cosa accadeva

 

Un anno e forse più di pandemia per Marco Pompili. «In realtà – racconta l’epidemiologo della Regione – per me è un giorno come un altro. Non ho vacanze o date da festeggiare. E’ vero che tutto cominciò un anno fa, in realtà io lavoravo da prima». Lei studiava i dati di Wuhan, vero? «Ho seguito la pandemia in anticipo, studiavamo tutti i dati che arrivavano dalla Cina e non era facile averli». Diciamo che lei era avanti con i tempi. «L’eleaborazione non è cambiata da allora. I dati sicuramente sì, come le forze per studiarli. Eravamo degli artigiani dei numeri non lo siamo più…». E’ vero che il presidente Ceriscioli la chiamava tutte le mattine? «Non ai tempi di Wuhan, ma quando la pandemia è sbarcata nel pesarese sicuramente sì. Non si è matemateci per caso». Partiamo da Wuhan… «A gennaio già si capiva che stava succedendo qualcosa di importante. E quelli che seguivano quei dati hanno cominciato a costruire qualcosa di nuovo, di importante». Lei ha usato il modello Wuhan per gestire quello che dal 25 febbraio in poi è accaduto nella provincia di Pesaro e Urbino. «I modelli matematici per Pesaro e Urbino sono stati mutuati da quelli di Wuhan. La curva delle Marche che allora era essenzialmente di Pesaro è stata poi disegnata su quella della Lombardia». Pesaro come Bergamo… «La curva diceva questo. Poi con il passare dei giorni noi siamo migliorati e la Lombardia no. Alla fine nella prima ondata le Marche hanno fatto meglio anche della Emiliar Romagna». Cosa è accaduto? «La nostra curva migliorava e quella di Lombardia, Emilia e in parte anche Veneto, no». Ha mai avuto paura? «Io ho sempre paura allora come ora». Le facevano paura i picchi pandemici? «I casi li contavamo uno a uno. Ogni mattina li andavamo a cercare. Il 24 marzo eravamo arrivati al picco di 56 morti in un giorno. Inseguivamo Bergamo. C’era da avere paura per numeri ora incomparabili. Su 270 casi, 200 erano ospedalizzati. Marche Nord aveva 40 terapie intensive strapiene. Un ospedale travolto. Sa cosa le dico? E’ un anno che ho paura». Tra le cose andate bene c’è stata la partita Ascoli-Cremonese di calcio non fatta giocare il 22 febbraio. «E’ stata una decisione collettiva, dei vertici sanitari con il presidente. Ha pesato positivamente sui numeri della provincia». Ad Ascoli è andata spesso bene, a differenza di Pesaro e Urbino allora ed Ancona adesso. «Non è vero, abbiamo avuto a luglio ed agosto tanti contag. Eravamo preoccupatissimi». Ma l’estate è andata bene.. «Fino ad un certo punto. Dobbiamo ricordarci del cluster dell’Hotel House di Porto Recanati gestito dal Dipartimento prevenzione con un mediatore culturale. Oppure il focolaio di Montecopiolo con una cena e un battesimo. O ancora tutti i casi di rientro dall’estero». C’è sempre il problema delle scuole. «Un bel problema, le abbiamo chiuse per primi a marzo contro i governo che poi fece la stessa cosa. Dopo l’estate abbiamo rinviato la riaperura». E adesso? «Le scuole contribuiscono all’abbassamento dell’età media dei contagi. Proviamo a tenerle aperte». Stiamo entrando in una nuova fase: vaccinazione di massa. «E’ evidente che se si fa presto e bene la vaccinazione avremo un cambiamento epidemiologico. La vaccinazione dei grandi anziani riduce le persone a grave rischio». Luigi Luminati