LA TRAPPOLA SAUDITA. E LE BUGIE DI RENZI.
Nelle stesse ore in cui il
governo Conte annunciava
il blocco permanente
delle vendite di
armi all’Arabia Saudita
e agli Emirati Arabi Uniti,
il senatore Matteo
Renzi volava a Riyad,
quasi volesse rassicurare
un partner così ingiustamente
sanzionato.
Era il 29 gennaio, e la
crisi di governo scatenata
dal capo di Italia
Viva era in pieno corso.
La carriera politica di Renzi è sporcata
da questa visita: sia per quello
che il senatore ha taciuto nella Capitale
saudita (la guerra per procura
che Sauditi ed Emirati conducono in
Yemen; l’assassinio del giornalista
Jamal Khashoggi) sia per quello che
ha detto, adulando in televisione il
principe ereditario Mohammad bin
Salman (il “nuovo Rinascimento” in –
carnato dal “grande principe”; l’invi –
dia per un costo del lavoro così meravigliosamente
basso). Renzi sapeva
che il governo di cui era parte fino
al 13 gennaio aveva deciso l’embargo
sulle armi. Sapeva che il principe è il
mandante dell’o mi ci di o- sm em bramento
di Khashoggi (2 ottobre
2018). Il rapporto della Cia che lo
conferma è uscito in questi giorni, ma
già nel giugno 2019 l’Onu ne aveva
pubblicato uno simile. Gli 80mila dollari che il senatore ed ex presidente del
Consiglio riceve annualmente dai sauditi –in qualità di membro dell’istituto
Future Investment Initiative, emanazione della monarchia –non saranno illeciti,
ma non cessano di far scandalo.
Nei prossimi mesi o anni sapremo se il governo Draghi cambierà politica
sull ’Arabia Saudita. Se l’Italia si allineerà alle posizioni di Parigi e Londra, che
continuano il loro commercio di armi con Riyad e Abu Dhabi, o se seguirà
l’esempio dei governi che come Conte hanno applicato l’embargo: Germania
in primis, oltre a Belgio, Danimarca, Finlandia, Grecia, Olanda. Anche il presidente
Joe Biden ha deciso di sospendere, sia pure provvisoriamente e parzialmente,
le ingenti forniture d’armi garantite da Trump. I motivi dei vari
embarghi sono due: l’assassinio di Khashoggi e la guerra iniziata dai sauditi
nel 2015, con l’appoggio diretto statunitense e quello indiretto israeliano.
Guerra che continua a seminare migliaia di morti fra i civili e che è sfociata in
un disastro umanitario di proporzioni gigantesche (più di 24 milioni bisogno –
si di aiuto umanitario: l’80 per cento della popolazione).
Fin dal 2018 il presidente Conte aveva deciso di revocare le esportazioni di
missili e bombe a Arabia Saudita ed Emirati: “Adesso si tratta solo di formalizzare
questa posizione e di trarne le conseguenze”, diceva nella conferenza di
fine anno, in risposta a una domanda concernente la vendita di armi e l’as –
sassinio di Khashoggi. Una decisione costosa per le industrie italiane degli
armamenti, accolta
con entusiasmo
dalle associazioni umanitarie
e di sicuro
mal vista dai commercianti d’ar –
- Veniva infatti annullato, e non
semplicemente sospeso, l’accordo di
forniture che il governo Renzi aveva
negoziato nel 2016, per un totale di
400 milioni di euro (la fonte è la Rete
Italiana Pace e Disarmo).
Nonostante le conferme che vengono
dalla Cia sulle responsabilità
dirette di Bin Salman nell’assassinio
di Khashoggi (un giornalista inizialmente
favorevole alle riforme del
principe) Renzi non fa autocritiche.
Aveva promesso di spiegare subito
dopo la crisi politica i motivi delle parole
dette a Riyad, e dopo parecchi
giorni è ricorso a un’intervista a sé
stesso, senza senso del ridicolo, seguita
ieri da un’intervista al Giornale.
Nessuna marcia indietro: “intrat –
tenere rapporti” con l’Arabia Saudita
“non solo è giusto, ma è anche necessario.
L’Arabia Saudita è un baluardo
contro l’estremismo islamico ed è uno
dei principali alleati dell’Occiden –
te da decenni. Anche in queste ore –
segnate dalla dura polemica sulla vicenda
Khashoggi – il presidente Biden
ha riaffermato la necessità di
questa amicizia in una telefonata al
Re Salman”.
In parte quel che dice è un’ovvietà:
si possono avere “rapporti” con il regime
saudita, dittatoriale come tanti
altri nel mondo. Ma in questione sono
le vendite di armi, non i rapporti
diplomatici. In parte Renzi mente
spudoratamente (assieme al ministro
di Italia Viva Elena Bonetti): l’Arabia
Saudita non è affatto “un baluardo
contro l’estremismo islami
co ” (immagino e spero che
Renzi alluda al terrorismo e non
all ’estremismo: simili svarioni
lessicali sono inquietanti perché
adottano il vocabolario dei monarchi
sauditi e di Donald
Trump). Erano sauditi gli attentatori
dell’11 settembre, come lo erano
i fondatori dell’Isis. Riyad è
un baluardo per i sunniti che contendono
all’Iran sciita il primato
nel grande Medio Oriente. È un
baluardo per il governo israeliano,
che per anni ha premuto su
Washington perché uscisse
dall ’accordo sul nucleare e attaccasse
militarmente l’Iran. Renzi
mette il piede nella trappola del
Grande Gioco mediorientale e adopera
il linguaggio di Trump, di
Jared Kushner genero dell’ex presidente,
diMike Pompeo, fautori
di un patto militare con Riyad.
Difficile credere che non sappia
quel che fa. Che non abbia letto
neanche un articolo di Khashoggi sul Washington Post.
Non meno inquietante è la disinvoltura con cui il capo di Italia Viva vive il
proprio ruolo di ex presidente del Consiglio e senatore. Nella carica che ricopre
rappresenta l’Italia, quando si reca in Paesi autoritari. È davvero singolare
che non capisca la differenza esistente fra una visita diplomatica e una
visita pagata, che culmina in smaccati esercizi di cortigianeria verso un prin –
cipe ereditario sospetto di assassinio e responsabile in Yemen di una guerra di
sterminio dei civili.
Ma probabilmente Renzi si sente sicuro, convinto com’è che non sia questo
il momento di far traballare la grande alleanza in via di costruzione fra Israele,
Arabia Saudita e gli altri Stati del Golfo, in funzione anti-iraniana. Macron la
pensa come lui, i neo-conservatori in Nord America pure, repubblicani o democratici
che siano. I deputati che nel Parlamento europeo fanno capo al presidente
francese (il gruppo Renew Europe, compreso l’ex ministro per gli Affari
europei Sandro Gozi) si sono recentemente astenuti su una risoluzione
che chiede il blocco di tutte le vendite di armi a Riyad.
Infine, è probabile che Renzi non potesse dire altro, una volta invitato a
intervistare pubblicamente il principe ereditario. L’unica via per evitare lo
scandalo era di rifiutare l’invito, e non prender più soldi dalla monarchia. Renzi
non ne è stato capace, e i veri motivi di quest’incapacità restano oscuri, nonostante
i soliloqui in Internet e le numerose interviste concesse fuori Italia.
Barbara Spinelli da “Il Fatto Quotidiano” del 03.03.21