TRA MIGRANTI E SOVRANISTI COM ’È“PICCOLA” L’ITALIA
In Europa abbiamo legittime
pretese: siamo tra i
fondatori, da un’idea italiana
nata nel confino fascista
di Ventotene, e abbiamo
partecipato abbastanza
bene al suo diventare la
vera nuova istituzione del
mondo dopo il fascismo, cosa
che non è riuscito in modo altrettanto
compiuto alleNazioni
Unite.Ma il sovranismo, un
tarlo che ha tormentato e poi
seriamente danneggiato il capolavoro
di un mondo nuovo,
fatto di democrazie associate e
senza tiranni, ha lasciato presto
il suo segno negativo; in caso
di necessità, fingere di non
sapere il problema dell’a lt ro ,
non condividerlo e lasciarlo al
suo destino.
È CIÒ CHE È SUCCESSO, con una
forte collaborazione del sovranismo
italiano, quando le migrazioni
hanno cominciato a lasciare
strisce di morti sulle acque
occidentali del
Mediterraneo e sulla
terra da cui si arriva in
Europa attraverso l’Oriente.
È meglio notare
subito che le migrazioni,
che ci piace immaginare
e descrivere come
un grande e ricorrente
fenomeno dell’umanità,
sono state provocate
soprattutto da
uno sciame di guerre
con forte partecipazione
di potere estraneo e
di benefici accumulati
altrove, lungo una serie
di percorsi strategico-
commerciali che
sono tuttora in funzione.
Quando aumenta l’intensi –
tà di quei percorsi, aumentano
le fughe disperate di migliaia di
famiglie, che dalle nostre parti
si esprime con l’osser vazione
che “di recente l’arrivo dei profughi
sembra in aumento”, come
se ci fosse una stagione come
per le vacanze.
Di fronte a questo problema,
che vuol dire un cimitero di
morti sempre aperto (dal bombardamento
in Siria al barcone
rovesciato che ha chiamato tutti
i porti del mare senza risposta),
l’Europa, che vuol dire l’Italia
e tutto il resto dell’Unione,
ha adottato una decisione che
sarà studiata a scuola come esempio
di “errore a grappolo”,
ovvero errore che continua a
produrre errori.
Ecco l’elenco. L’Italia dice
“No, basta. Da soli non possiamo”.
È vero e non è vero, perché
l’impossibilità è assoluta con
governi sovranisti e meno assoluta
con governi normali, cioè
senza la componente fascista
del “guardare in faccia la bella
mor te” (degli altri). Ma anche
con i governi normali resta in
sospeso. E si parla, con buona educazione,
di “moderare i flussi”
che vuol dire fermare le barche,
che vuol dire niente Ong
volontarie, niente risposte alle
chiamate della Guardia costiera
civilizzata (Italia) e nuove armi
alla Guardia costiera dei pirati
libici.
La Libia è come la pistola del
Covid puntata in fronte all’Ita –
lia: c’è sempre febbre. Perché
molto prima che l’Europa dica i
suoi “no” indecorosi e disumani
all ’accoglimento di nuovi scampati,
l’Italia manda il suo ministro
degli Esteri in Libia in veste
di gentile messaggero disposto
a capire i problemi
della Libia e a far sapere
non di voler discutere
il “che fare e
come fare” (che comunque
i libici non
sanno e non vogliono)
ma, per favore, di
fermare “i flussi” ( la
parola suona bene, la
realtà sono donne e
bambini in mare),
servizio ovviamente
non gratuito.
Ecco che cosa è accaduto.
Il sovranismo
italiano, che controlla
ancora umori, giornali
e partiti politici
nel nostro Paese, ha
reso piccola e irrilevante l’Italia.
L’Italia va mestamente in Libia
(va da un nuovo governo, ignoto
come quello precedente) a chiedere
un favore del tipo che gli italiani
svolgevano per i tedeschi
in Dalmazia, Serbia e Slovenia:
fermare il nemico. Se l’It a li a
provvede da sé a questo terribile
compito, l’Europa, naturalmente,
tira il fiato e non si sente
colpevole. E diminuisce ancora
l’immagine e il peso della nostra
Repubblica che era e resta un
Paese che non ha una politica e
cerca mercenari per il lavoro
sporco che non può più rimproverare
al silenzio europeo.
Il Parlamento Ue sembra voler
funzionare solo da organismo
amministrativo e non ha
mai fatto sentire la voce forte di
una nuova Europa. I ministri italiani
a Bruxelles sembrano
scrupolosamente schermati
dalla definizione delle funzioni.
a voce dei parlamentari italiani
in Europa non si sentono mai se
non, a volte, per esprimere rancori
contro il proprio Paese.
Brutto periodo in cui un’Italia
“piccola piccola”pensa di dover
andare in Libia a chiedere, pur
non avendo un piano politico
sulla Libia (dai tempi in cui
quasi le stesse persone adesso
al governo volevano, all’u n a n imità,
un trattato di amicizia perenne,
senza alcun tratto di reciprocità).
Non sentirete alcuna
comunicazione di rilievo
dopo il viaggio del ministro degli
Esteri italiano in Libia. Unica
differenza (a crescere) il numero
dei morti in mare, nonostante
la presenza solitaria e
sgradita delle navi di salvataggio
Ong.