Le sfide di Conte, neo-pre sidente del (fu) MoVimento
Giuseppe Conte è ufficialmente il presidente
del Movimento 5 Stelle. Lo era da mesi, ma
le paturnie di Beppe Grillo hanno colpevolmente
ritardato la votazione. Qualche considerazione.
Rinascite. Conte parte con un vantaggio e uno
svantaggio. Il vantaggio di prendere il M5S nel punto
più basso del Movimento in termini di attrattiva, e
dunque Conte non potrà che migliorare il tutto. Ma
anche lo svantaggio – appunto – di essere il leader di
una forza percepita come senza arte né parte. Dovrà
metterci molto del suo.
Montesano & Barillari. I due soggetti, benché inconsapevolmente,
sono uno dei marker più evidenti
del passaggio del M5S dal 33 al 15 per cento. Gente
come loro era infatti parte di quell’elettorato complottaro
e qualunquista, nonché talora becero e umorale,
che ha votato a lungo i 5 Stelle. Barillari, addirittura,
fu pure candidato (ed eletto!) col M5S. Ora
questi figuri non solo non votano
più il M5S, ma lo odiano
pure. Ecco: è bene che
Conte, con quel mondo lì,
chiuda per sempre. E
per chiudere non basta
stare sulle palle a Montesano
o Barillari: occorre
perseguire una politica
seria, lucida e ben poco
furbina. A costo di perdere
qualche voto.
D ig n i tà . Conte vuole “res tituire
dignità alla politica”. Nobile
intento, ma così è un po’ va go .
Serviranno fatti concreti, coraggiosi
e non sempre popolari a
breve termine.
Cartabia sì, Cartabia no.
Conte è stato bravo a salvare il
salvabile sulla schiforma Cartabia,
ma il danno era già stato fatto
(non per colpa sua). Il bicchiere è
ora forse mezzo pieno, ma di sicuro
è pure mezzo vuoto. E Conte
sa bene che non può spacciare per vittoria una riforma
che prima di lui era da 0 e ora è da 4. Infatti non
solo non esulta, ma promette di cambiarla radicalmente
alle prossime elezioni se i 5 Stelle stravinceranno
(uhm…). Si noti poi a margine il paradosso di
una tale situazione: Conte non vede l’ora di tornare a
votare per cambiare una legge che i 5 Stelle stessi hanno
appoggiato. Boh.
Draghi sì, Draghi no. Conte sa di non poter uscire
dal governo, come sa che dovrà ingoiare molti altri
rospi. Così, un po’ per indole e un po’ per acume politico,
gioca al democristiano: da una parte loda Draghi
quando difende il reddito di cittadinanza, dall’al –
tra allude a vaghe barricate per difendere battaglie
identitarie. Che significa? Che Conte ha le mani legate,
e più durerà questo governo al cloroformio più i
5 Stelle si ammosceranno. Con o senza “Giuseppi”.
Tour. Conte farà un tour su e giù per l’Italia, cercando
di toccare ogni realtà. È un’ottima idea: dovrebbero
praticarla anche gli altri nomi forti del M5S,
che proprio sul contatto diretto con la base aveva fortificato
il suo consenso.
Classe dirigente. Conte farà sapere a breve chi saranno
i leader del suo nuovo M5S. Sarà uno snodo
decisivo per valutare e soppesare il neo-segretario 5
Stelle.
Partito Conte.Non pochi osservatori storicamente
contrari (a prescindere) al M5S sostengono che
quello attuale è già un “Partito Conte”, solo che non si
è avuto il coraggio di chiamarlo così. È possibile, ma
non è detto che sia un difetto. Una volta entrato nel
governo Draghi, il M5S è divenuto esangue, palloso e
amorfo. A Conte, per certi versi, conveniva creare una
forza totalmente nuova, cercando magari di inglobare
anche Articolo 1 e Leu. Così non è stato. Conte resta
però molto più forte e popolare degli attuali 5 Stelle. E
dunque, poiché il giochino funzioni, dovrà rivoltarlo
come un calzino. Senza snaturarlo, ma certo rinnovandolo
radicalmente.