mercoledì 23 Ottobre 2024
Politica italiana

Le sfide di Conte, neo-pre sidente del (fu) MoVimento

Giuseppe Conte è ufficialmente il presidente

del Movimento 5 Stelle. Lo era da mesi, ma

le paturnie di Beppe Grillo hanno colpevolmente

ritardato la votazione. Qualche considerazione.

Rinascite. Conte parte con un vantaggio e uno

svantaggio. Il vantaggio di prendere il M5S nel punto

più basso del Movimento in termini di attrattiva, e

dunque Conte non potrà che migliorare il tutto. Ma

anche lo svantaggio – appunto – di essere il leader di

una forza percepita come senza arte né parte. Dovrà

metterci molto del suo.

Montesano & Barillari. I due soggetti, benché inconsapevolmente,

sono uno dei marker più evidenti

del passaggio del M5S dal 33 al 15 per cento. Gente

come loro era infatti parte di quell’elettorato complottaro

e qualunquista, nonché talora becero e umorale,

che ha votato a lungo i 5 Stelle. Barillari, addirittura,

fu pure candidato (ed eletto!) col M5S. Ora

questi figuri non solo non votano

più il M5S, ma lo odiano

pure. Ecco: è bene che

Conte, con quel mondo lì,

chiuda per sempre. E

per chiudere non basta

stare sulle palle a Montesano

o Barillari: occorre

perseguire una politica

seria, lucida e ben poco

furbina. A costo di perdere

qualche voto.

D ig n i tà . Conte vuole “res tituire

dignità alla politica”. Nobile

intento, ma così è un po’ va go .

Serviranno fatti concreti, coraggiosi

e non sempre popolari a

breve termine.

Cartabia sì, Cartabia no.

Conte è stato bravo a salvare il

salvabile sulla schiforma Cartabia,

ma il danno era già stato fatto

(non per colpa sua). Il bicchiere è

ora forse mezzo pieno, ma di sicuro

è pure mezzo vuoto. E Conte

sa bene che non può spacciare per vittoria una riforma

che prima di lui era da 0 e ora è da 4. Infatti non

solo non esulta, ma promette di cambiarla radicalmente

alle prossime elezioni se i 5 Stelle stravinceranno

(uhm…). Si noti poi a margine il paradosso di

una tale situazione: Conte non vede l’ora di tornare a

votare per cambiare una legge che i 5 Stelle stessi hanno

appoggiato. Boh.

Draghi sì, Draghi no. Conte sa di non poter uscire

dal governo, come sa che dovrà ingoiare molti altri

rospi. Così, un po’ per indole e un po’ per acume politico,

gioca al democristiano: da una parte loda Draghi

quando difende il reddito di cittadinanza, dall’al –

tra allude a vaghe barricate per difendere battaglie

identitarie. Che significa? Che Conte ha le mani legate,

e più durerà questo governo al cloroformio più i

5 Stelle si ammosceranno. Con o senza “Giuseppi”.

Tour. Conte farà un tour su e giù per l’Italia, cercando

di toccare ogni realtà. È un’ottima idea: dovrebbero

praticarla anche gli altri nomi forti del M5S,

che proprio sul contatto diretto con la base aveva fortificato

il suo consenso.

Classe dirigente. Conte farà sapere a breve chi saranno

i leader del suo nuovo M5S. Sarà uno snodo

decisivo per valutare e soppesare il neo-segretario 5

Stelle.

Partito Conte.Non pochi osservatori storicamente

contrari (a prescindere) al M5S sostengono che

quello attuale è già un “Partito Conte”, solo che non si

è avuto il coraggio di chiamarlo così. È possibile, ma

non è detto che sia un difetto. Una volta entrato nel

governo Draghi, il M5S è divenuto esangue, palloso e

amorfo. A Conte, per certi versi, conveniva creare una

forza totalmente nuova, cercando magari di inglobare

anche Articolo 1 e Leu. Così non è stato. Conte resta

però molto più forte e popolare degli attuali 5 Stelle. E

dunque, poiché il giochino funzioni, dovrà rivoltarlo

come un calzino. Senza snaturarlo, ma certo rinnovandolo

radicalmente.