Intercettazioni
Mi domando se il tema della “riforma” delle intercettazioni sia una priorità del nostro Paese.
Io penserei di no, ma leggendo le continue dichiarazioni di questa settimana del Governo Meloni, sembrerebbe di sì.
La discussione portata avanti dai rappresentanti del governo si concentra sulla necessità di togliere di mezzo “brandelli di conversazioni che non hanno rilievo penale e che finiscono dagli atti ai giornali”.
Ma già tutto questo è previsto dal 2017 con il decreto legislativo firmato da Orlando e Gentiloni. La legge prevede esattamente questo e bisogna ammettere che ha funzionato. È per questo che la discussione avviata dal ministro della Giustizia Carlo Nordio sorprende perché si propone di ribadire un divieto che già esiste.
Le maglie per la pubblicazione delle intercettazioni sono già strettissime. Intanto, a monte, le procure sono obbligate a fare una rigorosa selezione, escludendo tutte le intercettazioni non rilevanti per l’inchiesta che vengono messe sotto chiave in un archivio segreto. Nelle ordinanze di custodia cautelare e, successivamente negli atti del processo, possono essere infilate solo le intercettazioni necessarie a dimostrare le tesi della pubblica accusa e a sostenere il processo. A valle intervengono il garante della privacy e la deontologia dei giornalisti.
Il sospetto è che si voglia rimettere mano alle intercettazioni per limitarle ulteriormente.
E sorprende che questa discussione sia iniziata a poche ore dall’arresto di Matteo Messina Denaro, catturato proprio grazie alle intercettazioni.
È stato ribadito dal ministro Nordio che le intercettazioni non cambierebbero per i reati di terrorismo e criminalità organizzata. Ma limitare l’uso delle intercettazioni, in particolare per i reati commessi dai così detti “colletti bianchi”, sarebbe una scelta assolutamente sbagliata e con effetti irreversibili: impedirebbe, di fatto, ogni possibilità concreta di perseguire tali fatti criminosi.
Le intercettazioni, come quelle dei costruttori che ridevano dopo il terremoto dell’Aquila pensando ai soldi che avrebbero fatto sulla ricostruzione, oppure come quelle dei manager che cercavano di nascondere le prove del crollo del ponte Morandi, finiscono sui giornali perché contenute in atti pubblici. E sarebbe grave se, per garantirsi l’impunità, la classe politica tornasse alla censura rompendo quel delicato equilibrio costituzionale.
Le intercettazioni costituiscono infatti l’unico mezzo di ricerca della prova utile e validamente utilizzabile contro la corruzione, il più diffuso dei reati contro la Pubblica amministrazione.