La semidittatura
La cosiddetta riforma del
premierato e dell’an t i – r ibaltone
è una tale ciofeca
che dobbiamo prepararci sin d’ora
a raderla al suolo nel referendum.
Ma non per i motivi che si
sentono in giro, tipo che Mattarella
se ne avrà a male perché gli
levano i senatori a vita e il potere
di inventarsi nuove ammucchiate
più o meno “tecniche”. Con tutto
il rispetto, chissenefrega: le riforme
costituzionali non si fanno
su misura per questo o quel presidente
o premier. Ed è bizzarro
che chi rimprovera giustamente
la Meloni di farne una su misura
per sé la rimproveri anche di non
farla su misura per Mattarella.
Le schifezze della proposta
non riguardano le persone, ma lo
Stato che ne verrebbe fuori: una
Repubblica non più parlamentare,
né semipresidenziale, ma semidittatoriale.
L’elezione diretta
del premier non esiste in nessuna
democrazia: fu introdotta in Israele
nel ’92 e poi abolita dopo
tre elezioni perché produceva più
instabilità (l’opposto dello scopo
dichiarato dai nostri padri ricostituenti).
E – come già il mix fra
la schiforma renziana e l’Italicum
– il combinato disposto con una
legge elettorale che dà il 55% dei
seggi alla coalizione che arriva
prima, anche se non prende neppure
la metà dei voti, blinda la falsa
maggioranza in una torre d’avorio
inespugnabile. Anche se sta
insieme con lo sputo e non combina
più nulla, paralizzata da risse
e veti incrociati, non c’è più verso
di sfiduciarla. Non solo il capo
dello Stato, ma soprattutto il Parlamento
non contano più nulla.
Se si vogliono evitare i ricatti
dei partitini e le crisi al buio, basta
introdurre la “sfiducia costruttiva
” (come in Germania, Spagna,
Belgio ecc.): il Parlamento non
può sfiduciare un governo se non
ne ha già pronto un altro, anche
con maggioranza diversa; o, in alternativa,
alza bandiera bianca e
si scioglie. Ma questo confligge
con la fesseria contro i “ribaltoni”,
che non esistono: se i parlamentari,
ciascuno dei quali rappresenta
l’intera nazione, vogliono
formare una maggioranza diversa
da quella iniziale, sono liberi di
farlo. Purché sia gratis: ed è curioso
che a tuonare contro i “ri –
baltoni”siano da 29 anni le destre
figlie un leader, B., che andò al potere
nel ’94 acquisendo parlamentari
dall’opposizione in cambio
di posti di governo, nel 2007
comprò senatori per ribaltare il
Prodi-2 e nel 2010 raccattò altri
voltagabbana per compensare la
fuga dei finiani. Quanto ai governi
di larghe intese, tecnici (Dini,
Monti e Draghi) o politici (Letta),
vietare la premiership ai non eletti
non sarebbe servito a evitarli:
sarebbe bastato che i partiti non li
votassero. Purtroppo li votarono
ora la Lega (Dini), ora FI e An con
dentro la Meloni (Monti), ora FI
(Letta), ora FI e la Lega (Draghi).
Ora non si sa bene a chi vogliano
impedire di rifarlo: a se stessi?