«Don Ruggeri: perdono o complicità morale?»
«Non è forse in gioco una preoccupante confusione tra diritto al perdono e complicità morale?» A porsi e a porre la domanda è un gruppo di cittadine e cittadini, da sempre attivi e impegnati nel campo dei diritti civili, in merito alla vicenda che coinvolge il sacerdote Giacomo Ruggeri e l’allora ragazzina – era il 2012 – che ne subì le attenzioni. Dopo la notizia del suo rientro nella Diocesi fanese, a 10 anni dalla condanna a un anno, 11 mesi e 10 giorni (pena scontata in appello) per atti sessuali su minore, la famiglia della vittima ha denunciato pubblicamente tutto il suo sdegno, parlando di un incubo che si rinnova e di un baratro nel quale tutti sentono di sprofondare. E’ da qui che muovono le riflessioni delle cittadine e dei cittadini fanesi: Simona Ricci, Adriana Mollaroli, Maria Cristina Mochi, Elena Damiani, Francesca Palazzi Arduini, Fedora Ruffini, Anna Brunori, Fatima Morelli, Irene Terenzi, Jacopo Curzi, Biancamaria Longarini e Giulio Vergari.«Apprendiamo dal Resto del Carlino del 30 maggio scorso – scrivono – del ritorno “a disposizione” della Diocesi di Fano di don Giacomo Ruggeri, ex portavoce dell’allora vescovo di Fano Trasarti e nell’estate del 2012 arrestato, processato e successivamente condannato in primo grado a due anni e 6 mesi di reclusione per abuso di una minore, all’epoca dei fatti 12enne. Condanna mai scontata per la successiva riduzione in appello». Fin qui, l’antefatto. Poi, è storia dei nostri giorni. «Il vescovo della Diocesi di Fano, ora, annuncia pubblicamente il suo ritorno, in una Curia che, afferma “sta soffrendo la mancanza di sacerdoti”. Non pare sia stato svolto alcun Collegio pastorale in merito, ciò ha suscitato stupore e indignazione in chi si aspettava, dopo le parole del recente Sinodo, un diverso comportamento, come indicato nelle Questioni da affrontare dal Sinodo 2023 che afferma che: “La cultura del rendiconto è parte integrante di una Chiesa sinodale che promuove la corresponsabilità, oltre che un possibile presidio contro gli abusi”». «Don Ruggeri – prosegue la nota – è un prete condannato per abusi su una dodicenne. Un prete che ha scontato pochi mesi ai domiciliari e che non ha mai smesso di esercitare il suo ruolopastorale. Dopo i fatti il sacerdote è tornato subito alla ribalta dei mass media per la sua pervicace volontà di carriera. Il messaggio che, a seguito di tale scelta, arriva alla comunità che il vescovo rappresenta è chiaro: un prete che si è reso responsabile di gravi reati nei confronti di una minore può ritornare ad esercitare le sue funzioni, ed anche nella diocesi di origine. E questo per… “carenza di vocazioni”? Persino il direttore dell’Osservatore Romano, nel 2019, a seguito della pubblicazione di un articolo a firma di Don Ruggeri, si scusò coi suoi lettori per “aver urtato la loro sensibilità”. Non sono forse in gioco, in questa vicenda di abusi su una minore come in tante altre, la sensibilità dei cittadini e delle cittadine, sia credenti che non, sia genitori che non, ed i rapporti di potere che sempre si instaurano in questo tipo di relazioni e che rischiano di generare situazioni a rischio e una preoccupante confusione – concludono – tra diritto al perdono e complicità morale?»