giovedì 17 Luglio 2025
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L’Africa in mano ai russi

Un tempo si chiamava Afrique; adesso diventa sempre più Afrika, da pronunciare con l’accento russo. Anche il Senegal ha deciso di chiudere tutte le basi militari straniere, il che significa mandare via i soldati francesi.

Il più sorprendente è avvenuto a metà dicembre, in un Paese che l’Eliseo era convinto di avere recuperato: il Ciad. Anche questo paese ora in mano a Mosca. Prima lo stesso copione si era ripetuto nel Mali, nel Niger e nel Burkina Faso: le tre nazioni del Sahel in mano a giunte golpiste hanno cavalcato i sentimenti popolari di ostilità verso l’ex potenza coloniale francese. Tutti si sono rivolti alla Russia, che ha gestito una campagna d’influenza dinamica e spregiudicata per presentarsi come alleato più affidabile.

Il nuovo terzomondismo di Mosca avanza grazie ai social, alle proteste di piazza e agli accordi economici per “uno sfruttamento più equo delle materie prime” ma soprattutto grazie alle brigate di combattenti che hanno sostituito la Wagner. Così in meno di cinque anni il Cremlino è riuscito a concretizzare un Risiko incredibile, piazzando le sue pedine dalla Cirenaica al Ciad, dal Sudan alla Repubblica Centrafricana fino all’intero Sahel: dal Mediterraneo alla linea dell’Equatore, oggi Putin è il referente principale.

Non è l’unico. Sono molto attivi altri protagonisti emergenti, come la Turchia e gli Emirati Arabi, senza dimenticare il ruolo cinese nella costruzione di infrastrutture e negli investimenti. Tanti soggetti che si muovono in modo parallelo, convergendo nel comune interesse di eliminare dalla scena europei e americani.

Il vero guaio è che tutti i governi che hanno accolto i russi non riescono a fermare le insurrezioni jihadiste, sempre più agguerrite. Anche in Senegal gli attacchi si fanno sentire e il presidente Diomaye Faye ne ha discusso a fine novembre con Putin: la premessa all’arrivo di istruttori e blindati da Mosca.

Secondo Carmine Masiello, il capo di Stato maggiore dell’Esercito italiano, sarebbe importante incrementare seriamente il “Piano Mattei” per cercare di arginare l’espansione di russi e jihadisti, perché “siamo quelli che corriamo i rischi maggiori per l’instabilità africana”.