sabato 27 Luglio 2024
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Daniela Santanchè

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Lo
scandalo scatenato dal leader di Movimento per l’Italia, Daniela
Santanchè, in occasione della chiusura a Milano del ramadan
islamico, la dice lunga su quanto in questo paese non sia scontato il
raggiungimento di una convivenza pacifica fra le religioni e culture.
Qualche riflessione su quanto è accaduto e su cosa c’era dietro a
determinate decisioni.

Vedere
una donna coperta da una gabbia velata non è una bella cosa.
Nascosta all’esterno, chiusa, isolata nel suo angusto mondo di casa
e famiglia, dove non c’è spazio per rapporti interpersonali liberi
e sereni. In un volto nascosto piango un’anima ingabbiata, una
persona triste. Il burqa lo considero una forte forma di violenza
verso le donne, radicata nelle tradizioni di chi ha
opportunisticamente manipolato la religione islamica inquinandola di
dogmi dannosi e retrogradi. L’Islam è un’altra cosa, e lo
testimonia chi quotidianamente riesce a convivere serenamente in un
Paese fortemente cattolico e disabituato alle diversità come
l’Italia, mantenendo le proprie tradizioni religiose in armonia con
una nuova realtà sociale che inevitabilmente, e per fortuna, è
destinata ad evolversi in società multiculturale.
Purtroppo
come ogni cambiamento epocale, anche questo sta manifestando
resistenze reazionarie molto forti, e scosse di assestamento che
tardano ad affievolirsi. Protagonista di quest’ultima scossa è
Daniela Santanchè, leader del Movimento per l’Italia, presentatasi
a Milano, durante la celebrazione della fine del Ramadan, nelle vesti
di paladina per la libertà delle donne musulmane dal burqa. Incontro
ravvicinato concluso con un’aggressione ai suoi danni da parte di
un soggetto non ancora identificato. Niente di grave, 20 giorni di
prognosi e qualche medicinale.
Per
quale motivo l’incontro Santanchè & Co. e alcuni musulmani è
finito così? C’è chi parla di provocazione del politico,
dall’altra parte si invoca la messa in pratica di una legge del ’75
che vieterebbe di coprirsi il volto in luoghi pubblici perché non
identificabile.
Questo
è un dibattito delicato, al di là degli attori oggi in campo e del
caso in particolare, perché dimostra come ancora ci siano numerosi
nodi da sciogliere prima che sia possibile un passa mano pacifico
della fune della convivenza serena. Per questo motivo quanto è
accaduto merita attenzione e riflessioni a riguardo, e perché no, un
modesto giudizio su chi ha deciso di farne parte.

Critico
duramente Daniela Santanchè per il suo atteggiamento, le sue
argomentazioni, per le cause reali che l’hanno spinta ad un’azione
così velleitaria e dannosamente plateale.
Non
difendo chi l’ha aggredita perché provocatoria, ma sicuramente
provocatoria lo è stata. Non ci si presenta così arrogante, sicura
di sé, a capo di una manifestazione architettata in concomitanza di
una celebrazione religiosa. Sapeva benissimo di causare in tal
maniera uno scandalo inevitabilmente destinato a colpire tutta la
comunità islamica, senza distinzioni fra chi in questa comunità
porta avanti la tradizione del burqa o meno. Infatti non tutte le
donne islamiche portano il burqa, anzi molti musulmani si dichiarano
contrari al suo utilizzo. Già questo manifesta la superficialità
di un leader politico che, nella sua visione settoriale, non riesce a
vedere il grigio, ma soltanto o il bianco o il nero delle cose. Così
è riuscita a spostare le forze del confronto, non più Daniela
Santanchè contro chi costringe la propria donna a coprirsi il volto,
ma Santanchè contro la comunità islamica nella sua interezza,
inasprendo il confronto non poco.

Per
di più, tra le argomentazioni da lei sospinte, vi è anche quella
per cui una persona non identificabile è un terrorista potenziale
armato di bombe e mitragliatrici, pronto a farsi scoppiare in aria al
primo centro commerciale che si trova davanti. Argomentazione
pretenziosa, offensiva, qualunquista e ridicola. Innanzitutto non
capisco per quale motivo un potenziale kamikaze abbia interesse nel
non farsi identificare alla vigilia di un attentato, dal momento che
quell’attentato segnerà anche la sua fine. Inoltre non credo sia
facile riconoscere dal viso scoperto la faccia del terrorista dalla
faccia del gentiluomo. Ci sono i controlli in aeroporto apposta, e
poi uno che si vuol caricare di tritolo non se lo mette
necessariamente in faccia! In definitiva se c’è un terrorista,
agisce indipendentemente dal burqa (al più il terrorista potrà
sempre aspettare l’arrivo del carnevale, dove coprirsi il viso è
folklore italianissimo).

Ma
la cosa preoccupante del Santanchè pensiero non è la stupidità del
suo ragionamento ma la facilità con la quale è portata a imprimere
nella sua mente, come tanti simili a lei, l’equazione
musulmano=terrorista. I metodi plateali e le dichiarazioni rissose,
oltre che rivelare la necessità di uscire fuori dall’anonimato
politico nel quale da tempo galleggiava, denota la evidente volontà
di cercare il conflitto, strumentalizzare il dibattito.
Il
confronto pacifico, rispettoso, ponderatamente pianificato allo scopo
di trovare punti di convergenza con l’anima progressista
dell’Islam, è ilmodus operandidi chi cerca davvero una
soluzione al problema. La mentalità fascista mal si accosta però
con queste parole, preferendo senza mezzi termini strappare con la
forza, sorvolando la volontà dell’interessata, un indumento
considerato sbagliato.

Ma
c’è anche un altro aspetto, di non poca importanza, che fa da
sfondo alla vicenda.
La
sua intenzione di eseguire le leggi senza che sia sua specifica
prerogativa, aiuta a rivelare la natura “diversamente democratica”
di questa donna. L’idea di “farsi giustizia da sé” scavalcando
la volontà generale e il governo, l’unico organo chiamato a
mettere in pratica le leggi promulgate, è tipica di una mentalità
comune al leader politico in giacca e cravatta quanto allo squadrista
dalle catene al collo. Oggi è il burqa, domani il clandestino o
l‘omossessuale, ieri gli ebrei.
E’
pericoloso lasciare senza risposta democratica e civile certi campi
del vivere sociale, perché poi rapidi a rispondere e sputare
sentenze sarà proprio chi, su certe tematiche, campa politicamente
nel dare un certo tipo di risposte.

E’
stato deprimente guardare un servizio sul Tg2 di domenica dove si
dipingeva con abilità il quadretto della Santanchè martire
dell’emancipazione femminile. Spero di non vederlo mai più. Ma la
cosa più triste è che il leader di Movimento per l’Italia ha
ottenuto ciò che voleva: una ferita culturale complicata da
ricucire e il suo momento di gloria personale e visibilità politica.