Mafia ad Arcore, ma gli italiani non lo sanno
Al
processo di Palermo che vede imputato Marcello Dell’Utri (già
condannato a nove anni in primo grado per associazione esterna alla
mafia) c’è un passaggio chiave nella requisitoria del procuratore
generale Antonio Gatto: “Vittorio Mangano fu assunto nella
tenuta di Arcore di Silvio Berlusconi per coltivare interessi diversi
da quelli per i quali fu ufficialmente chiamato da Palermo fino in
Brianza”.
Chi
è Vittorio Mangano?
E’
il “famoso” stalliere della Villa di Arcore, morto nel 2000, che
durante la campagna elettorale del 2008 Berlusconi ha definito un
“eroe”.
E
allora andiamo a conoscere questo “eroe”…
Mangano
è stato condannato per la sua partecipazione a Cosa nostra nel
processo Spatola, istruito dal magistrato Falcone. Poi fu incriminato
nuovamente per mafia (e per traffico internazionale di droga) nel
Maxiprocesso di Falcone e Borsellino. Borsellino, nella sua famosa
ultima intervista, definì Mangano “la testa di ponte di Cosa
Nostra al Nord per il traffico di droga”. Nel Maxiprocesso non
venne condannato per mafia perché già condannato nel processo
Spatola (in Italia vige infatti il principio del “ne bis in idem”,
per cui una persona non può essere condannata due volte per lo
stesso reato) quindi venne “solo” condannato a 11 anni per
traffico di droga, sempre all’interno dell’indagine a Cosa nostra.
Nel
1991 esce di carcere e torna a trovare il suo amico Dell’Utri1chein quel momento sta fondando Forza Italia. Nel novembre
1993, mentre si sta definendo il partito di Berlusconi, nell’agenda
di Dell’Utri figurano due appuntamenti con Mangano a Milano, il 2 e
il 21 novembre.
Nel
1995 Mangano viene di nuovo arrestato e condannato in primo grado a
due ergastoli per tre omicidi.
Antonio
Gatto pone degli interrogativi disarmanti: “Davvero non fu
possibile trovare in Brianza persone capaci di sovrintendere alla
tenuta di Arcore? Davvero dall’estremo nord ci si dovette spostare a
Palermo per trovare una persona che non conosceva la zona e le
coltivazioni brianzole”?
Lo
stesso procuratore trova la risposta: “In realtà, non solo
Mangano di cavalli e di coltivazioni non sapeva nulla, ma se
guardiamo i suoi numerosissimi precedenti penali, gli interessi che
coltivava erano di tutt’altra natura rispetto a quelli agricoli”.
Insomma, Mangano non era esattamente un coltivatore diretto né si
era mai dato all’ippica.
Secondo
Gatto “Mangano era ad Arcore per ‘proteggere’ Silvio Berlusconi.
Mangano era il simbolo vivente della tutela da parte di Cosa nostra a
Berlusconi”.
Interessante
anche un passaggio che Gatto ha inserito nella requisitoria che si
riferisce al “pizzo delle antenne” e cioè “il versamento di
somme della Fininvest a Cosa Nostra nel 1986” per l’acquisto di
ripetitori televisivi nel Palermitano. Il processo in primo grado ha
già infatti stabilito che l’intermediario tra Fininvest e i boss fu
proprio Dell’Utri, il fondatore di Forza Italia.
1I
primi rapporti tra Dell’Utri e Mangano risalgono a quando Dell’Utri
dirigeva la squadra di calcio del Bacigalupo, in cui giocava il
figlio del mafioso, segnalato dal padre. Secondo la ricostruzione di
Antonio Gatto, Dell’Utri conobbe Mangano attraverso il mafioso
Gaetano Cinà e così lo presentò a Berlusconi. Gatto ha collocato
nella primavera del l975 l’incontro a Milano tra Stefano Bontade,
reggente della famiglia palermitana di Santa Maria del Gesù, i boss
Mimmo Teresi e Nino Grado, Dell’Utri e Berlusconi.