sabato 27 Luglio 2024
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Bavaglio all’informazione

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La
sospensione da parte del Consigli di Amministrazione RAI dei talk
show televisivi 30 giorni prima delle elezioni costituisce una palese
violazione delle disposizioni del testo unico della radiotelevisione
e del contratto di servizio.

La
RAI ha infatti l’obbligo, ai sensi dell’art. 45 del TU n. 177 del
2005, di garantire un adeguato numero di ore di trasmissione
all’informazione nelle fasce orarie di maggiore ascolto nonché
l’obbligo di trasmettere programmi di approfondimento informativo
(cfr. art. 4 contratto di servizio 2007/2009). La decisione della
RAI, peraltro, non trova fondamento nella regolamentazione della par
condicio approvata dalla Commissione di vigilanza che invece nulla
impone circa la sospensione dei programmi informativi (può essere
esclusivamente variato, in linea eccezionale, il palinsesto per
inserire delle tribune elettorali).

Vietare
i dibattiti politici in televisione significa impedire ai cittadini
italiani di formare la propria opinione, partecipare alla propria
storia, privarli della libertà di scegliere coloro che dovranno
governare. La decisione di annullare per un mese i talk show non ha
precedenti. Con un atto degno dei peggiori regimi illiberali, il
governo ha costretto il Consiglio di amministrazione della Rai a
varare un provvedimento di fine trasmissioni politiche, provocando la
rottura del patto fra il servizio pubblico e i cittadini abbonati e
causando un enorme danno economico e di immagine all’azienda
pubblica.

Più
che giusta quindi a mio avviso la protesta dei conduttori Rai per la
soppressione dei loro programmi .

Invito
i lettori di Fuoritempo ad aderire all’appello dell’associazione
Articolo 21

Noto
invece con un certo stupore l’attacco che la Chiesa Cattolica ha
indirizzato ai giornalisti che protestavano per la decisione
dell’azienda.
Le
parole del vescovo di Tursi, mons. Franecesco Nole’ non sono
certamente passate inosservate:

La
giudico
– afferma sul sito Pontifex –infondata ed immorale.
Intanto in nessuna azienda è dato modo al dipendente, specie se
continua a percepire lo stipendio, di ribellarsi. Poi si tratta di
privilegiati che guadagnano fior di milioni al contrario dei
proletari che dicono voler difendere. La verità e’ che per la
faziosità sfacciata di uno, Santoro, alla fine pagano tutti
”.
Siccome
non mi sembra ci sia stata nessuna smentita da parte di esponenti
delle gerarchie cattoliche, devo immaginare che questa opinione sia
condivisa dal Vaticano.
D’altronde
la Chiesa Cattolica non ha espresso una parola in questi mesi in
difesa della scuola pubblica… figuriamoci se si pronuncia in difesa
dell’informazione!