domenica 10 Dicembre 2023
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Dalla Val di Susa al Decennale del G8 di Genova

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Dieci punti per una
riflessione sulla nonviolenza nei conflitti sociali proposti dal
Movimento Nonviolento.

  1. Nei
    dieci anni che ci separano dal G8 di Genova c’è stata un’importante
    avanzata della nonviolenza in Italia, sotto molti punti di vista:
    dalla rinuncia alla reazione violenta di fronte al massacro delle
    persone e della democrazia avvenuto in quei tragici giorni, alla
    lenta riorganizzare di un movimento dal basso e sui territori capace
    di esercitare il “potere di tutti”; dalla messa in campo
    di modalità creative di comunicazione nonviolenta per i referendum,
    alla importante lotta esemplare e di popolo della Val di Susa. Certo
    c’è molto altro da fare, ma questo non è poco. Proviamo a vedere.

  1. In
    altre fasi della storia del nostro paese, quanto avvenuto per le
    strade di Genova nei giorni del G8, fino all’omicidio di Carlo
    Giuliani, quanto perpretato nella notte “cilena” della
    scuola Diaz, quanto inflitto agli inermi nelle camere di tortura di
    Bolzaneto, avrebbe forse avviato una generazione alla lotta armata.
    Dopo quel battesimo di fuoco e per vendicare il compagno caduto,
    sarebbe stato possibile. E’ già successo. Ma stavolta non è
    avvenuto: c’è stata una rinuncia generalizzata alla risposta
    violenta. Anche chi accarezzava l’estetica dello scontro diretto con
    le zone rosse è stato superato dalla realtà delle cose.

  1. La
    risposta più importante a quello che allora abbiamo definito il
    potere “liberista-mafioso-fascista” è stata data dalle
    grandi e pacifiche manifestazioni contro la guerra a Firenze il 9
    novembre 2002 e, ancora più imponente, a Roma il 15 febbraio 2003.
    Quella a proposito della quale, per i milioni di cittadini scesi in
    piazza in tutto il mondo in quel giorno, Il Time scrisse “L’altra
    potenza mondiale”. Centinaia di migliaia di persone, molte
    delle quali erano state selvaggiamente pestate a Genova, invadono
    letteralmente e pacificamente queste città. E sui balconi e le
    finestre di tutta Italia è un tripudio di bandiere arcobaleno, che
    poi si trasferiscono per settimane e mesi sulle biciclette di decine
    di paesi e città…Non si fermeranno con questo le guerre. Ma dopo
    il G8 è una grande prova di maturità dei movimenti italiani.

  1. La
    Rete Lilliput si fà fortemente portavoce delle istanze nonviolente
    all’interno del “movimento dei movimenti” ed organizza un
    Seminario nazionale di tre giorni a Ciampino dal 27 al 29 settembre
    sul tema “La nonviolenza: attivarsi per un mondo diverso”
    nel quale consegna ai nodi locali la proposta di creare i Gruppi di
    Azione Nonviolenta per agire una modalità “lillipuziana,
    reticolare e nonviolenta” di stare nel conflitto sociale,
    sviluppando percorsi di formazione all’azione diretta. I GAN non
    attecchiranno in quanto tali e la stessa Rete Lilliput pian piano
    perderà il suo slancio iniziale, ma la nonviolenza è la questione
    sulla quale, in quella fase, ci si confronterà e ci si formerà
    dappertutto. Oggi, le molte azioni creative messe il campo dai
    comitati per i referendum per l’acqua pubblica e contro il
    nuclearehanno richiamato esattamente quella grammatica
    “lillipuziana, reticolare e nonviolenta”. E molti
    attivisti di oggi sono gli stessi di allora.

  1. Il
    tema della nonviolenza, intanto, interroga anche nuove forze
    politiche al punto che il più grande partito della sinistra
    “antagonista”, il Partito della Rifondazione Comunista,
    che era stato protagonista interno al “movimento” in tutte
    le lotte contro il neoliberismo organizza nel febbraio del 2004 uno
    straordinario – per l’argomento trattato e per la partecipazione –
    convegno tematico a Venezia sul tema “Agire la nonviolenza”.
    Saranno tre giorni di serrato confronto che provano a spostare
    l’asse culturale di quel partito sulla traiettoria della
    nonviolenza. Non sarà indolore. Anche questo elemento sarà tra le
    cause della successiva spaccatura tra l’ala più identiraria
    marxista e quella più libertaria nonviolenta.

  1. Nel
    frattempo – mentre si diffondono a macchia d’olio di Gruppi di
    Acquisto Solidale che agiscono anch’essi la nonviolenza nella forma
    del “programma costruttivo”, cioè del cambiamento qui ed
    ora del proprio stile di vita e di consumo – si avviano o si
    consolidano importantissime lotte nonviolente, apparentemente locali
    ma con una portata generale: contro la base Dal Molin a Vicenza,
    contro il Ponte sullo Stretto di Messina, contro le scorie nucleari
    a Scansano Jonico, contro la mafia e la ‘ndrangheta in Sicilia,
    Calabria e non solo. E contro la TAV in Val di Susa. E poi le lotte
    degli studenti medi e universitari, dei ricercatori e dei migranti,
    delle donne, dei precari e licenziati. E’ stata, ed è tuttora, una
    ricerca continua, collettiva e creativa di forme di lotta
    alternative e nonviolente.

  1. Certo,
    nel frattempo in Italia è stata fatta una legge elettorale
    liberticida, il monopolio della potente arma di disinformazione di
    massa della TV è diventato asfissiante, il blocco di potere
    mafioso, liberista e razzista che governa ancora più prepotente; le
    spese per gli armamenti sempre crescenti e quelle sociali calanti;
    militari italiani sono impegnati in fronti di guerra nel ripudio
    della Costituzione. Il parlamento vede un’opposizione
    ridimensionata, debole e asfittica, incapace di interpretare le
    lotte sociali e d’accordo col governo su molti temi importanti, come
    la guerra e la Tav in Val di Susa. Eppure…

  1. Eppure,
    in questo anno del decennale del G8 di Genova e del cinquantesimo
    della prima Marcia della Pace, il sistema di potere è stato messo
    seriamente nell’angolo proprio dal popolo che ha esercitato il
    proprio “potere di tutti” spiazzando gli stessi apparati
    dei partiti. Prima con le elezioni amministrative e dopo,
    sopratutto, con i referendum popolari. Attraverso una mobilitazione
    dal basso – ancora una volta “lillipuziana, reticolare e
    nonviolenta” – i comitati per l’acqua pubblica hanno prima
    raccolto, senza il sostegno dei partiti, un milione e mezzo di firme
    e poi, contro un regime che ha dispiegato tutti i dispositivi di
    neutralizzazione leciti e illeciti di cui è capace, hanno avuto
    (abbiamo avuto!) uno straordinario successo che ha ridato vita ad
    uno strumento di democrazia diretta, ormai considerato defunto, come
    il referendum popolare. Hanno dispiegato una tale formidabile
    capacità di comunicazione creativa, efficace nel coinvolgimento
    responsabile dei cittadini, da ricordare il movimento popolare per
    il referendum che ha sancito la fine della dittatura in Cile nel
    1988. Una lotta nonviolenta da manuale (il caso è raccontato nel
    video “Una forza più potente” prodotto dall’Albert
    Einstein Institution di Gene Sharp, e diffuso in Italia dal
    Movimento Nonviolento).

  1. I colpi di coda di
    un sistema in agonia sono terribili. Se n’è avuta una prova in Val
    di Susa domenica scorsa. Quella dei valligiani è una straordinaria
    lotta nonviolenta in cui una comunità aperta lotta, in maniera
    esemplare, per il futuro di tutti. Lotta con sacrificio personale,
    tenacia, passione e intelligenza, da molti anni, contro un’opera
    inutile, sbagliata, distruttiva dell’ecosistema, simbolo di un
    modello di sviluppo antiquato e dissipatore. Cara solo alle mafie
    che ne gestiranno le commesse e a chi ne è complice,
    consapevolmente o meno. Come a Genova, dieci anni fa, il potere –
    lo stesso potere – di fronte ad un movimento vero, radicato e di
    popolo ha dispiegato tutta la violenza di cui è capace. Prima per
    riprendersi, illegalmente, il territorio occupato dai resistenti,
    poi per far cadere nella “trappola” della violenza alcuni
    tra quelli che erano andati a sostenere la lotta dei valsusini. Come
    a Genova, dieci anni fa, è stato un errore cadere in quella
    trappola che in un colpo solo ha consentito di dispiegare le armi
    della disinformazione di massa e annullare vent’anni di seria e
    consapevole lotta nonviolenta della Val di Susa, con le immagini
    ripetute fino all’ossessione di scontri e violenze. La follia della
    Tav in Val di Susa porta oggi il potere a dover presidiare
    militarmente e massicciamente un cantiere di lavoro – con dei
    costi superiori alla stessa opera – che è una ferita aperta in un
    territorio ed in una comunità. Altre lotte andrano organizzate, in
    Val di Susa e dappertutto, contro questo scempio, con tenacia e
    creatività, ma non si potrà più ignorare che oltre alla violenza
    della repressione, bisognerà guardarsi dal sistema violento dei
    media, che esercita sulle coscienze di tutti una violenza ancora
    maggiore di quella subita dai partecipanti. E dunque bisognerà
    guardarsi bene da chi, per rabbia, ingenuità o velleità, potrebbe
    cadere ancora nella trappola della provocazione. E soprattutto
    dobbiamo guardarci da chi si infiltra nei movimenti di massa per
    condurre una personale “guerra allo Stato”. Costoro sono
    dannosi verso di noi tanto quanto verso le forze di polizia. Non
    fanno parte del movimento, ma sono funzionali alla stabilizzazione
    del potere. Dobbiamo dirlo chiaramente, non farlo sarebbe un danno
    grave non solo per la Val Susa, ma per tutti i movimenti di lotta.

  1. Come
    accaduto dopo il G8 di Genova, i movimenti sono chiamati oggi a dare
    una nuova prova di maturità e contemporaneamente a compiere un
    altro passo nel processo di nuova Liberazione popolare da questo
    regime in putrefazione. C’è già un appuntamento per tutti i
    movimenti di lotta nonviolenti ed è la Marcia per la pace e la
    riconciliazione tra i popoli, che quest’anno si svolge il 25
    settembre, nel 50° anniversario della prima voluta da Aldo
    Capitini. Allora, per la prima volta dalla Liberazione il popolo
    della pace mise in marcia, con responsabilità e consapevolezza,
    entrando come un nuovo soggetto nella nostra storia. Da allora non
    ne sarebbe più uscito e gli stessi movimenti di lotta di questo
    decennio, anche nelle biografie di molti attivisti, derivano da
    quella storia. Oggi al popolo della pace, ancora in marcia da
    Perugia ad Assisi, tocca ancora il compito di fare sintesi di tutte
    le lotte nonviolente e di porsi come la vera alternativa, aperta e
    dal basso, alla violenza culturale, strutturale e repressiva di
    questo potere.

Movimento
Nonviolento

www.nonviolenti.org