Dalla Val di Susa al Decennale del G8 di Genova
Dieci punti per una
riflessione sulla nonviolenza nei conflitti sociali proposti dal
Movimento Nonviolento.
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Nei
dieci anni che ci separano dal G8 di Genova c’è stata un’importante
avanzata della nonviolenza in Italia, sotto molti punti di vista:
dalla rinuncia alla reazione violenta di fronte al massacro delle
persone e della democrazia avvenuto in quei tragici giorni, alla
lenta riorganizzare di un movimento dal basso e sui territori capace
di esercitare il “potere di tutti”; dalla messa in campo
di modalità creative di comunicazione nonviolenta per i referendum,
alla importante lotta esemplare e di popolo della Val di Susa. Certo
c’è molto altro da fare, ma questo non è poco. Proviamo a vedere.
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In
altre fasi della storia del nostro paese, quanto avvenuto per le
strade di Genova nei giorni del G8, fino all’omicidio di Carlo
Giuliani, quanto perpretato nella notte “cilena” della
scuola Diaz, quanto inflitto agli inermi nelle camere di tortura di
Bolzaneto, avrebbe forse avviato una generazione alla lotta armata.
Dopo quel battesimo di fuoco e per vendicare il compagno caduto,
sarebbe stato possibile. E’ già successo. Ma stavolta non è
avvenuto: c’è stata una rinuncia generalizzata alla risposta
violenta. Anche chi accarezzava l’estetica dello scontro diretto con
le zone rosse è stato superato dalla realtà delle cose.
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La
risposta più importante a quello che allora abbiamo definito il
potere “liberista-mafioso-fascista” è stata data dalle
grandi e pacifiche manifestazioni contro la guerra a Firenze il 9
novembre 2002 e, ancora più imponente, a Roma il 15 febbraio 2003.
Quella a proposito della quale, per i milioni di cittadini scesi in
piazza in tutto il mondo in quel giorno, Il Time scrisse “L’altra
potenza mondiale”. Centinaia di migliaia di persone, molte
delle quali erano state selvaggiamente pestate a Genova, invadono
letteralmente e pacificamente queste città. E sui balconi e le
finestre di tutta Italia è un tripudio di bandiere arcobaleno, che
poi si trasferiscono per settimane e mesi sulle biciclette di decine
di paesi e città…Non si fermeranno con questo le guerre. Ma dopo
il G8 è una grande prova di maturità dei movimenti italiani.
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La
Rete Lilliput si fà fortemente portavoce delle istanze nonviolente
all’interno del “movimento dei movimenti” ed organizza un
Seminario nazionale di tre giorni a Ciampino dal 27 al 29 settembre
sul tema “La nonviolenza: attivarsi per un mondo diverso”
nel quale consegna ai nodi locali la proposta di creare i Gruppi di
Azione Nonviolenta per agire una modalità “lillipuziana,
reticolare e nonviolenta” di stare nel conflitto sociale,
sviluppando percorsi di formazione all’azione diretta. I GAN non
attecchiranno in quanto tali e la stessa Rete Lilliput pian piano
perderà il suo slancio iniziale, ma la nonviolenza è la questione
sulla quale, in quella fase, ci si confronterà e ci si formerà
dappertutto. Oggi, le molte azioni creative messe il campo dai
comitati per i referendum per l’acqua pubblica e contro il
nuclearehanno richiamato esattamente quella grammatica
“lillipuziana, reticolare e nonviolenta”. E molti
attivisti di oggi sono gli stessi di allora.
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Il
tema della nonviolenza, intanto, interroga anche nuove forze
politiche al punto che il più grande partito della sinistra
“antagonista”, il Partito della Rifondazione Comunista,
che era stato protagonista interno al “movimento” in tutte
le lotte contro il neoliberismo organizza nel febbraio del 2004 uno
straordinario – per l’argomento trattato e per la partecipazione –
convegno tematico a Venezia sul tema “Agire la nonviolenza”.
Saranno tre giorni di serrato confronto che provano a spostare
l’asse culturale di quel partito sulla traiettoria della
nonviolenza. Non sarà indolore. Anche questo elemento sarà tra le
cause della successiva spaccatura tra l’ala più identiraria
marxista e quella più libertaria nonviolenta.
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Nel
frattempo – mentre si diffondono a macchia d’olio di Gruppi di
Acquisto Solidale che agiscono anch’essi la nonviolenza nella forma
del “programma costruttivo”, cioè del cambiamento qui ed
ora del proprio stile di vita e di consumo – si avviano o si
consolidano importantissime lotte nonviolente, apparentemente locali
ma con una portata generale: contro la base Dal Molin a Vicenza,
contro il Ponte sullo Stretto di Messina, contro le scorie nucleari
a Scansano Jonico, contro la mafia e la ‘ndrangheta in Sicilia,
Calabria e non solo. E contro la TAV in Val di Susa. E poi le lotte
degli studenti medi e universitari, dei ricercatori e dei migranti,
delle donne, dei precari e licenziati. E’ stata, ed è tuttora, una
ricerca continua, collettiva e creativa di forme di lotta
alternative e nonviolente.
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Certo,
nel frattempo in Italia è stata fatta una legge elettorale
liberticida, il monopolio della potente arma di disinformazione di
massa della TV è diventato asfissiante, il blocco di potere
mafioso, liberista e razzista che governa ancora più prepotente; le
spese per gli armamenti sempre crescenti e quelle sociali calanti;
militari italiani sono impegnati in fronti di guerra nel ripudio
della Costituzione. Il parlamento vede un’opposizione
ridimensionata, debole e asfittica, incapace di interpretare le
lotte sociali e d’accordo col governo su molti temi importanti, come
la guerra e la Tav in Val di Susa. Eppure…
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Eppure,
in questo anno del decennale del G8 di Genova e del cinquantesimo
della prima Marcia della Pace, il sistema di potere è stato messo
seriamente nell’angolo proprio dal popolo che ha esercitato il
proprio “potere di tutti” spiazzando gli stessi apparati
dei partiti. Prima con le elezioni amministrative e dopo,
sopratutto, con i referendum popolari. Attraverso una mobilitazione
dal basso – ancora una volta “lillipuziana, reticolare e
nonviolenta” – i comitati per l’acqua pubblica hanno prima
raccolto, senza il sostegno dei partiti, un milione e mezzo di firme
e poi, contro un regime che ha dispiegato tutti i dispositivi di
neutralizzazione leciti e illeciti di cui è capace, hanno avuto
(abbiamo avuto!) uno straordinario successo che ha ridato vita ad
uno strumento di democrazia diretta, ormai considerato defunto, come
il referendum popolare. Hanno dispiegato una tale formidabile
capacità di comunicazione creativa, efficace nel coinvolgimento
responsabile dei cittadini, da ricordare il movimento popolare per
il referendum che ha sancito la fine della dittatura in Cile nel
1988. Una lotta nonviolenta da manuale (il caso è raccontato nel
video “Una forza più potente” prodotto dall’Albert
Einstein Institution di Gene Sharp, e diffuso in Italia dal
Movimento Nonviolento).
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I colpi di coda di
un sistema in agonia sono terribili. Se n’è avuta una prova in Val
di Susa domenica scorsa. Quella dei valligiani è una straordinaria
lotta nonviolenta in cui una comunità aperta lotta, in maniera
esemplare, per il futuro di tutti. Lotta con sacrificio personale,
tenacia, passione e intelligenza, da molti anni, contro un’opera
inutile, sbagliata, distruttiva dell’ecosistema, simbolo di un
modello di sviluppo antiquato e dissipatore. Cara solo alle mafie
che ne gestiranno le commesse e a chi ne è complice,
consapevolmente o meno. Come a Genova, dieci anni fa, il potere –
lo stesso potere – di fronte ad un movimento vero, radicato e di
popolo ha dispiegato tutta la violenza di cui è capace. Prima per
riprendersi, illegalmente, il territorio occupato dai resistenti,
poi per far cadere nella “trappola” della violenza alcuni
tra quelli che erano andati a sostenere la lotta dei valsusini. Come
a Genova, dieci anni fa, è stato un errore cadere in quella
trappola che in un colpo solo ha consentito di dispiegare le armi
della disinformazione di massa e annullare vent’anni di seria e
consapevole lotta nonviolenta della Val di Susa, con le immagini
ripetute fino all’ossessione di scontri e violenze. La follia della
Tav in Val di Susa porta oggi il potere a dover presidiare
militarmente e massicciamente un cantiere di lavoro – con dei
costi superiori alla stessa opera – che è una ferita aperta in un
territorio ed in una comunità. Altre lotte andrano organizzate, in
Val di Susa e dappertutto, contro questo scempio, con tenacia e
creatività, ma non si potrà più ignorare che oltre alla violenza
della repressione, bisognerà guardarsi dal sistema violento dei
media, che esercita sulle coscienze di tutti una violenza ancora
maggiore di quella subita dai partecipanti. E dunque bisognerà
guardarsi bene da chi, per rabbia, ingenuità o velleità, potrebbe
cadere ancora nella trappola della provocazione. E soprattutto
dobbiamo guardarci da chi si infiltra nei movimenti di massa per
condurre una personale “guerra allo Stato”. Costoro sono
dannosi verso di noi tanto quanto verso le forze di polizia. Non
fanno parte del movimento, ma sono funzionali alla stabilizzazione
del potere. Dobbiamo dirlo chiaramente, non farlo sarebbe un danno
grave non solo per la Val Susa, ma per tutti i movimenti di lotta.
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Come
accaduto dopo il G8 di Genova, i movimenti sono chiamati oggi a dare
una nuova prova di maturità e contemporaneamente a compiere un
altro passo nel processo di nuova Liberazione popolare da questo
regime in putrefazione. C’è già un appuntamento per tutti i
movimenti di lotta nonviolenti ed è la Marcia per la pace e la
riconciliazione tra i popoli, che quest’anno si svolge il 25
settembre, nel 50° anniversario della prima voluta da Aldo
Capitini. Allora, per la prima volta dalla Liberazione il popolo
della pace mise in marcia, con responsabilità e consapevolezza,
entrando come un nuovo soggetto nella nostra storia. Da allora non
ne sarebbe più uscito e gli stessi movimenti di lotta di questo
decennio, anche nelle biografie di molti attivisti, derivano da
quella storia. Oggi al popolo della pace, ancora in marcia da
Perugia ad Assisi, tocca ancora il compito di fare sintesi di tutte
le lotte nonviolente e di porsi come la vera alternativa, aperta e
dal basso, alla violenza culturale, strutturale e repressiva di
questo potere.
Movimento
Nonviolento
www.nonviolenti.org