Geopolitica e armi
Un recente articolo de “Il
Sole 24 Ore” informa che nel 2014 l’Arabia Saudita è diventato il
primo importatore di armi al mondo, superando così l’India.
L’articolo del quotidiano finanziario si rifà al rapporto sul
traffico mondiale di armi redatto dal gruppo di esperti Ihs Janes.
L’Arabia Saudita ha speso
6,5 miliardi di dollari per l’acquisto di armi nel 2014, il 54 per
cento in più rispetto all’anno precedente, mentre l’India ne ha
spesi 5,8. Riad e gli Emirati Arabi hanno importato insieme 8,7
miliardi di dollari di materiale bellico, più del valore delle
importazioni di armi dell’intera Europa occidentale. In generale, le
importazioni di armi nel mondo sono aumentate nel 2014 del 52 per
cento, arrivando a 9,8 miliardi di dollari.
In testa alla classifica
dei paesi esportatori figurano sempre gli Stati Uniti, che gestiscono
un terzo del traffico a livello planetario per un guadagno di oltre
21 miliardi di dollari. Gli Usa hanno esportato armi in Medio Oriente
per un valore di 8,4 miliardi di dollari nel 2014, rispetto ai 6
miliardi del 2013.
David Cortright, direttore
dell’Istituto di Studi Internazionali di Pace dell’Università di
Notre Dame, spiega così la motivazione di questa grande spesa
militare: “L’Arabia Saudita sta rafforzando il suo arsenale bellico
nel timore di una svolta «geopolitica» in Medio Oriente nell’ambito
delle alleanze tra gli Stati Uniti e altri paesi arabi nella guerra
contro lo Stato islamico. Riad teme inoltre che un accordo sul
nucleare tra l’Iran e il gruppo dei 5+1 (i cinque membri permanenti
del Consiglio di sicurezza più la Germania) possa creare nuove
opportunità per lo sviluppo economico del paese rivale (che in caso
di un accordo non sarebbe più sottoposto alle sanzioni occidentali)
e minacciare i suoi rapporti con Washington”.
L’aumento delle
importazioni militari segue il taglio del prezzo del greggio che i
sauditi sono riusciti ad imporre all’interno dell’Opec, determinando
in questo modo uno storico ribasso. Sono le due facce della stessa
medaglia: due mosse che servono a sfidare gli Stati Uniti che in
questi anni si sono resi energeticamente indipendenti con la
produzione di shale gas.
Armi ed energia continuano
a determinare le scelte geopolitiche della nostra società.
Come si può leggere in
uno dei commenti all’articolo de “Il Sole 24 Ore: “Alla fine
dei giochi i popoli soffrono, i cittadini occidentali vengono iper
tassati, gli estremismi religiosi sono sempre più potenti e i
mercanti di morte sempre più ricchi”.