domenica 8 Settembre 2024
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L’Italia dei Valori nelle Marche

Tratto dall’articolo “C’è del
marcio in Danimarca (l’Italia dei valori regione per regione)” di
Marco Zerbino pubblicato da Micromega 5/2009

Nell’Italia dei valori la tendenza a
commissariare ogniqualvolta si presentino divisioni interne o
dissensi politici è diffusissima. Segno che siamo in presenza di un
partito che non è ancora un partito, ma piuttosto una struttura
gerarchica verticale ramificantesi in strutture di vassallaggio
locale. La palma dei commissariamenti spetta alle Marche. Ad Ancona e
a Pesaro e Urbino, per la verità, dei congressi provinciali si erano
tenuti fra la fine del 2007 e l’inizio del 2008 ed avevano eletto
coordinatori Guido Caruso e Nicolò Di Bella. Di lì a poco,
tuttavia, aderiva all’Idv l’onorevole David Favia, all’epoca
consigliere regionale e oggi deputato del partito di Di Pietro. Anche
lui avvocato, Favia è stato in passato presidente delle Edizioni
Locali del costruttore Edoardo Longarini, l’ex re del cemento di
Ancona protagonista nei primi anni Novanta della tangentopoli
marchigiana. Dai tempi del suo sodalizio con quello che i
giornalisti, per via dei modi spicci e dell’eloquio disinvolto,
avevano soprannominato «Al Cafone», Favia ne ha fatta di strada:
negli anni Novanta era fra i fondatori di Forza Italia nelle Marche,
diventando nel 2000 consigliere regionale. Tre anni dopo abbandonava
Berlusconi e passava all’Udeur, sotto le cui insegne sarebbe stato
rieletto nel 2005 diventando vicepresidente del consiglio regionale.
Nello stesso anno, col suo voto contribuiva a far abolire una legge
regionale che introduceva l’obbligo per i candidati che dovevano
assumere incarichi in Regione di dichiarare l’appartenenza ad ogni
genere di associazione, massoneria compresa. Nel febbraio 2008,
infine, quando Clemente Mastella aveva da poco fatto cadere il
secondo governo Prodi e il suo screditato partito cominciava a
perdere pezzi, Favia entrava in Idv, e Di Pietro lo candidava
immediatamente alla Camera dei deputati, secondo nome in lista nel
collegio delle Marche. Attualmente ricopre, oltre all’incarico di
deputato, anche quello di capogruppo al consiglio comunale di
Ancona.
L’ingresso di Favia nel partito delle mani pulite non
era privo di conseguenze interne. Poco dopo le elezioni politiche, Di
Pietro mandava una mail ai vari dirigenti locali marchigiani con la
quale nominava il neodeputato «garante regionale» e invitava il
segretario delle Marche e quelli delle varie province a
«confrontarsi» con lui su qualsiasi questione. «Orsù dunque»,
esortava Tonino, «prepariamoci ad aprire le porte dell’Italia dei
valori a tutti coloro che vogliono impegnarsi con noi verso un
percorso comune. Superiamo ogni divisione e incomprensione fra noi
proprio per la fiducia che i cittadini nostri elettori hanno riposto
in noi». Tradotto significava che, da quel momento in poi, Favia e i
suoi avrebbero avuto carta bianca nel fare tabula rasa degli
organismi di coordinamento locale eletti dai congressi tenutisi pochi
mesi prima. Di lì a poco, in effetti, Caruso sarebbe stato rimosso e
sostituito dallo stesso Favia, che assumeva il ruolo di commissario.
Lo stesso accadeva a Nicolò Di Bella, che si vedeva commissariato da
Borghesi. Ad Ascoli Piceno veniva nominato Andrea Cardilli, mentre
l’incarico di commissario provinciale di Fermo andava ad Adolfo
Marinangeli, uomo di Favia. Questi era infatti entrato in Idv alla
testa di un gruppetto di ex Udeur: oltre a Marinangeli ne facevano
parte Mirco Cesaretti, Ennio Coltrinari, Paola Giorgi (che nel
settembre 2008 diventerà la responsabile donne delle Marche), Paolo
Eusebi e Giulio Saccuti, attualmente sindaco di Amandola e non più
in Idv.
Le epurazioni di Caruso, Di Bella, e di diversi altri
coordinatori provinciali e cittadini marchigiani, verificatesi con
l’avallo esplicito dei vertici nazionali, susciteranno tuttavia nei
mesi successivi una reazione organizzata. A marzo 2009, in occasione
della venuta di Di Pietro a San Benedetto del Tronto per la
presentazione del suo libroIl guastafeste, Caruso
organizzava insieme a Fabrizio Chitti, ex responsabile cittadino di
Senigallia, e a Mirco Sesterzi, ex coordinatore Idv di Osimo, un
sit-in di protesta contro i commissariamenti di Favia e soci.
Interpellato da alcuni cronisti presenti, Di Pietro rispondeva
lapidariamente che «se c’è stato un commissariamento, vuol dire
che è giusto». «Non si può pretendere di sostituirsi a Di Pietro
all’interno dell’Italia dei valori. Quando si danneggia il
partito si va fuori», rincarava poco tempo dopo Favia in
un’intervista rilasciata al quotidiano onlineVivereMarche.
Alle parole seguivano rapidamente i fatti, e nei giorni successivi
l’onorevole notificava via mail a Caruso, Chitti e Sesterzi di aver
avviato le procedure per espellerli dal partito.

Potete
leggere l’articolo completo di Marco Zerbino qui