Anni Ye
Alle
18,45 del primo dicembre Anni Ye è morta. 11 anni, in affido
condiviso dai genitori, abitava a Morrovalle, andava a scuola a
Corridonia, mentre la madre vive a Civitanova.
Tutto
in provincia di Macerata, distretto calzaturiero. E’ morta nel
laboratorio clandestino, accatastato come fabbricato rurale, come
tanti altri. La piangono anche i compagni di scuola, che la ricordano
con le dita pulite, segno che non lavorava, e studiosa con profitto.
La sindaca di Corridonia, che ha visitato tutti, compresi i compagni
di scuola, non vuole correre a conclusioni affrettate, in
quest’Italia ubriacata dai processi. Nella regione del
“Marchingegno” non bastano i fazzoletti, ma non bastano più
neanche le regole, se non sono condivise. Abbiamo buone leggi, alcuni
regolamenti comunali che affrontano l’integrazione come risorsa e
non come problema, ma dobbiamo andare alla radice del lavoro nero,
perché se esso viene commissionato è perché alcuni marchi alla
moda vogliono consegnare i loro prodotti presto, per i clienti di
rango. Allora bisogna incoraggiare nel loro lavoro questi sindaci
coraggiosi, bisogna permettere agli ispettori della sanità di
controllare le abitazioni ed il loro uso, bisogna controllare la
dispersione scolastica a partire dalle residenze dichiarate degli
alunni non italiani. Non si possono chiudere davanti a nulla pensando
“tanto non tocca a noi”. In una parola: società, non omertà.