sabato 27 Luglio 2024
ArticoliArticoli 2009

La Svizzera insegna, la Lega impara

lega.jpg
In
quanto a fantasia politica i nostri “compatrioti” della
Lega Nord, come ben sappiamo, non sono secondi a nessuno (Premier
escluso). Tuttavia, nonostante tali rinomate doti, non disdegnano
qualche suggerimento indirettamente rivoltogli, facendo proprio
l’istinto (lo fanno pure gli scimpanzè) di seguire pedissequamente
qualche azione o idea consideratautile.

L’illuminante
trovata da imitare arriva dal partito popolare svizzero che ha visto
inaspettatamente prevalere, con un referendum, la sua posizione
nettamente contraria (avvalorata dalla raccolta delle 100mila firme
necessarie) alla costruzione di nuovi minareti nel suolo elvetico. Un
risultato netto: il 57,5% degli svizzeri andati a votare hanno
stigmatizzato il diritto a costruire nuovi minareti a casa loro.

In
questi giorni gli onorevoli dal fazzoletto verde all’occhiello hanno
pensato bene di prendere spunto dall’iniziativa svizzera,
arricchendola con altre proposte, più o meno ridicole e pericolose.
Come leggo dalle pagine di Repubblica di martedì scorso, i lumard
intendono proporre non solo il merito del referendum svizzero, ma
anche il metodo, forzando non poco il dettato costituzionale che non
prevede referendum “propositivi”, ma soltalto confermativi
e abrogativi. Se la Costituzione questo sottolinea è, a mio avviso,
per una ragione molto semplice, fondamentale nel nostro Paese e nella
nostra società: in un’epoca nella quale gli slogan politici trovano
nei media amplificatori potenti ed abili nell’influenzare l’opinione
pubblica, il rischio subdolo del populismo troverebbe un’ulteriore
ausilio nel radicarsi. Il dibattito parlamentare, per il quale questa
maggioranza si è già dimostrata più volte restia, andrebbe in
secondo piano. Ogni partito si troverebbe in grado di formulare le
proposte che vuole, e di venderle al popolo a botte di capacità
commerciali e mediatiche. Se poi consideriamo il nostro Paese in cui
i principali mezzi di comunicazione sono in mano al leader della
maggioranza, se due più due fa ancora quattro, non c’è bisogno di
aggiungere altro. Giustamente Fini ha poi fatto notare che una presa
di posizione di questo tipo nei confronti delle espressioni di culto
non può fare altro che favorire le posizioni estreme che goffamente
il referendum intendeva combattere. Per fortuna c’è ancora qualcuno
che ragiona dall’altra parte.
Ma
non è finita qui.
In
un’intervista a “la Padania” il capo gruppo alla Camera
Cota chiarisce le intenzioni che la Lega con una proposta di legge
del 2008 intende portare avanti. Al primo posto una regolarizzazione
nella costruzione delle moschee, innanzitutto imponendo che i
costruttori delle moschee devono essere noti alla cittadinanza perchè
è giusto che “i cittadini sappiano chi costruisce sul proprio
territorio”, che tradotto è come demarcare un fossato fra chi è
dentro e chi fuori, fra chi costruisce ed è italiano e chi
costruisce come musulmano, in un Paese libero non dovrebbero esserci
differenze, ma evidentemente per Cota non è così. Oltre a delle
ovvietà espresse tuttavia con tono pretestuoso, il fine parlamentare
continua ponendo delle chicche in camicia verde che riporto
letteralmente: “essendo le moschee strutture che hanno un enorme
impatto sulla realtà territoriale in cui vanno ad inserirsi, è
giusto che a decidere siano direttamente i cittadini che sono i primi
a vivere quella realtà sulla propria pelle” proponendo quindi
il metodo del referendum elvetico sulle moschee. A questo punto mi
viene inevitabile paragonare l'”impatto ambientale” della
moschea a quello, per esempio, di una centrale a turbogas (e in
questo caso di referendum non vi è neanche l’ombra!!); trovo
inaccettabile l’alzata di scudi su una costruzione a scopo religioso
(una moschea ha un’architettura bellissima!) e il colpevole silenzio
su una costruzione a scopo di lucro (una centrale ha un’architettura
bruttissima!). E non è tutto.
“La
Padania” continua a introdurre i vari punti dell’intervista con
un’espressione che parrebbe sarcastica se non provenisse dal giornale
di partito: “sufficienti garanzie”. Garanzie di che? Lo
dice Cota all’inzio dell’intervista, chiarendo l’obiettivo ultimo
della proposta di legge: “impedire che dietro a questa libertà
si nasconda qualcos’altro”. Risponderei così: “se parliamo
di terrorismo, in Italia hanno fatto danni ben più gravi terrorismo
nero e Brigate Rosse, e senza bisogno di minareti”. Farei
leggere le dichiarazioni di Cota a chi ancora crede che la Lega sia
una “costola della sinistra”.

Per
concludere, il balletto delle idee strampalate e pericolose culmina
nell’affermazione di un altro parlamentare leghista, Castelli, che
arriva addirittura a proporre di inserire la croce nella bandiera
italiana. Detto in altre parole: gli italiani sono tutti cattolici, e
chi non è cattolico non può essere italiano. Come si può
interpretare altrimenti una tal proposta che, solamente in quanto
espressa, porta con sè un chiaro tentativo di chiudere in soffitta
la laicità dello Stato?
Ovviamente
tali proposte non avranno seguito sia in Parlamento che nel Paese, ma
il semplice fatto che ad esprimersi in questi termini sia un partito
del 10% e dei parlamentari (incitati da ministri come Maroni),
dovrebbe preoccupare non poco. (Ma poi, con questa bandiera, non ci
si doveva pulire il c…?).