Spese militari: perché non ridurle?
L’Istituto
di ricerche internazionali Archivio Disarmo ha presentato il nuovo
Rapporto 2010 sulle spese per gli armamenti del nostro paese, dal
quale emerge un aumento delle vendite.
Nella
ricerca, diretta dal dott. Emilio Emmolo e condotta su fonte Istat,
emerge che l’Italia ha esportato armi comuni da sparo, munizioni ed
esplosivi per oltre 460 milioni di euro nel 2007 e per oltre 465
milioni di euro nel 2008, con un incremento del 12% rispetto al
biennio precedente, toccando così i valori più alti dal 1996.
Le
esportazioni sono state dirette per la maggior parte verso gli Stati
Uniti (30%) e i Paesi membri dell’Unione Europea (45%), ma anche
verso una serie di Paesi nei quali si riscontra la presenza di
conflitti e di gravi violazioni dei diritti umani.
Si
possono così notare vendite di armi verso Paesi sottoposti a
embarghi internazionali sulle forniture di armi (Cina, Libano,
Repubblica Democratica del Congo, Iran, Uzbekistan, Armenia e
Azerbaijan) e verso Paesi in cui sono in atto conflitti e in cui si
riscontrano gravi violazioni dei diritti umani riconosciute non solo
da Organizzazioni non Governative (quelle prese in considerazioni
dalla ricerca dell’Archivio Disarmo, tra le più autorevoli, sono
“Amnesty International”, “Escola de Cultura de Pau” e “Human
Rights Watch”), ma anche dalle stesse Nazioni Unite e dall’Unione
Europea: Federazione Russa, Thailandia, Filippine, Pakistan, India,
Afghanistan, Colombia, Israele, Congo e Kenya).
E’
opportuno ricordare che, come ha più volte evidenziato l’ONU,
spesso attraverso vendite legali si passa a successive forniture a
soggetti che di questi strumenti fanno un uso non consentito, finendo
per armare anche la delinquenza organizzata, formazioni
terroristiche, bande paramilitari ecc.
Tagliare
le spese degli armamenti, oltre che etico (dato che la nostra
Repubblica nella propria costituzione ripudia la guerra), sarebbe
utile anche da un punto di vista economico, anche alla luce del
periodo di crisi che si sta attraversando. Sarebbe logico infatti
ridurre le spese per sottomarini e cannoni semoventi che,
fortunatamente, da sessant’anni non hanno mai sparato un colpo., così
come mi sembrerebbe del tutto naturale disinvestire in supercaccia e
missili destinati a conflitti mondiali che sono scomparsi dalla
storia.
Facciamo
degli esempi concreti. Si potrebbe:
-
interrompere
il fantascientifico programma jet Jsf che prevede un costo superiore
a 13 miliardi di euro; -
annullare
l’acquisto di sottomarini casse U-212: la Marina ne ha due e ne ha
ordinati altrettanti. Costano almeno 350 milioni l’uno. La scorsa
settimana ad esempio la Germania, per contrastare la crisi
economica, ha deciso di sfoltire la sua flotta subacquea… non
potrebbe farlo anche l’Italia? -
rinunciare
agli Eurofighter Typhoon il cui prezzo cresce sempre di più.
Progettati durante la guerra fredda, per questi intercettori ogni
anno si spendono 235 milioni… e l’Italia si è impegnata a
comprarne 121! -
ridurre,
o meglio ancora annullare, l’acquisto di fregate Fremm, di cui si
prevedono dieci esemplari per un totale da 5,6 miliardi; -
annullare
l’acquisto di ulteriori 4 elicotteri Boeing Ch47F destinati ai
commandos dell’Esercito e che richiedono 92 milioni l’anno; -
cancellare
l’acquisto dei 70 semoventi d’artiglieria Pzh 2000 che richiedono un
costo di mezzo miliardo.
In
questo tempo di crisi economica il nostro governo continua a
commettere l’enorme errore di tagliare i fondi per la scuola, gli
asili, i fondi per la ricerca, la cultura.
Il
movimento “Science for Peace”, di cui fa parte Umberto Veronesi,
ha calcolato (tramite uno studio dell’Università Bocconi, coordinato
da Maurizio Dalocchio) che si potrebbero evitare i questi tagli
operati dal governo Berlusconi abbassando del 5% le spese in
armamenti.
Umberto
Veronesi in un recente articolo si chiedeva: “Per la ricerca
contro il cancro, che causa 150 mila morti ogni anno, il nostro Paese
spende annualmente l’equivalente di circa 225 milioni di dollari,
mentre se ne destinano 20 miliardi per le spese militari. Abbiamo
allora più a cuore le armi che i malati in Italia?”