Meeting di Rimini: a volte (ci) ritornano
Ve
la ricordate la mia“incursione
breve” al Meeting di Comunione e Liberazione del 2005? Ecco,
quest’anno ho deciso di fare il bis. E se è vero che l’assassino
torna sempre sul luogo del delitto, questa volta lo fa in piacevole
compagnia, visto che ho convinto mia figlia più grande a venire con
me.
Anche
stavolta, come sei anni fa, ammetto di esserci andata esclusivamente
per partecipare ad uno dei numerosi incontri previsti nel programma
di questa manifestazione che è giunta alla trentaduesima edizione e
che quest’anno si intitola “E l’esistenza diventa una immensa
certezza”. Mercoledì 24 agosto è infatti previsto un incontro dal
titolo “Dopo Fukushima, solo rinnovabili?” che vede la
partecipazione del Sottosegretario di Stato allo Sviluppo Economico
Stefano Saglia: visto che il sindaco di Corinaldo Scattolini pare non
avere nessuna intenzione di invitarlo per una seconda volta (e si
ostina ad ignorarei
nostri solleciti al riguardo, giunti ormai a sei), per una volta
la montagna va da Maometto. Ma andiamo con ordine.
Gli
orari dei treni della giornata mi “costringono” ad arrivare poco
prima di mezzogiorno, ma la fermata è comodissima, nei giorni della
manifestazione il treno si ferma proprio di fronte alla Fiera di
Rimini. Porte girevoli, metal detector, qualche Carabiniere in
giubbino antiproiettile e si è subito dentro il Meeting: meglio
prendere immediatamente la piantina gratuita, la gente è tanta e lo
spazio coperto non è da meno. L’incontro che mi interessa è
previsto per le 15.00, nel frattempo io e mia figlia inganniamo
l’attesa con un veloce panino e una passeggiata tra gli stands. E
qui, come anche sei anni fa, c’è veramente di tutto: dai jeans
Carrera in offerta alla promozione delle regioni italiane,
dall’azienda che congela il sangue ombelicale all’artigianato
paraguayano, dalla Coop che distribuisce giochi e merendine allo
spazio musicale di Edison (brrr…), passando dal sacro della
postazione di Radio Maria al profano del duo in costume
centurione-ancella scosciata di uno stand su Roma Capitale. La
presenza della gente continua ad aumentare, ci sono davvero tante
famiglie, moltissimi bambini di tutte le taglie (dal neonato in su),
religiosi ambosessi “in divisa” ma soprattutto tantissimi
giovani, molti dei quali volontari della manifestazione. E per
giovani intendo anche quelli che sembrano essere appena adolescenti:
solo a quell’età ci si può infilare in uno scatolone per
travestirsi da “distributore automatico di cataloghi del Meeting”
e divertirsi da matti. Mi piacerebbe visitare qualche mostra (alcune
sembrano davvero interessanti) ma le file sono proibitive. Ci avviamo
quindi alla sala “Neri GE Healthcare” poco prima delle 14.30, per
scoprire che già c’è parecchia gente in attesa: ci mettiamo
pazientemente in coda anche noi. La visione di mia figlia (nemmeno
nove anni) che si siede per terra senza battere ciglio e inizia a
leggere avidamente il libro che le ho appena regalato incuriosisce
non pochi presenti. Verso le 14.40 i volontari ci permettono di
entrare e ci fanno disporre ordinatamente nelle file (tranne le
prime, che sono ovviamente riservate). In pochissimi minuti una sala
da non meno di settecento posti è riempita. L’aria condizionata
lavora alla grande e sullo schermo dietro il tavolo dei relatori
viene proiettato a ripetizione il video promozionale del Meeting:
scorrono immagini delle passate edizioni e facce dai quattro angoli
del mondo, mentre una voce giovane riassume la storia e sciorina le
cifre della manifestazione: 800.000 presenze, 170.000 metri quadri di
allestimenti, millemila volontari, diciassedici partner ufficiali,
centordici incontri… Pochissimi minuti dopo le 15.00 si comincia, i
relatori si siedono ai loro posti tranne l’onorevole Saglia che si
attarda a salutare i “colleghi” mentre giàMarco
Bersanelli, Professore Ordinario di Astrofisica all’Università
degli Studi di Milano, sta introducendo l’incontro anticipando che si
partirà da Fukushima per capire che cosa è accaduto, cosa abbiamo
imparato e quali scenari si aprono a livello nazionale e
internazionale sulle politiche energetiche. In particolare Bersanelli
invita subito a partire dall’accaduto della centrale giapponese e
chiede come si possa evitare un fatto del genere aMarco
Ricotti, membro dell’Agenzia per la Sicurezza Nucleare e
Professore Ordinario di Impianti Nucleari al Politecnico di Milano.
Questi, dopo aver ironizzato sul fatto di essere stato invitato a
parlare dell’argomento al posto di Adriano Celentano, procede subito
a leggere i dati della situazione presi da media e agenzie
giapponesi: al dieci maggio erano morti tre operatori e non per cause
riconducibili alla contaminazione, 21 operatori risultavano
contaminati sotto i limiti, 80.000 persone risultavano evacuate da
un’area di 20 chilometri (poi estesa a 30), mentre aria, acqua e
suolo erano sotto monitoraggio. Peccato che il professore non
presenti qualche dato un po’ più aggiornato, non credo fosse
impossibile procurarsi qualcosa che desse un quadro più recente (e
forse meno idilliaco) della situazione. Ricotti prosegue esponendo,
grazie all’aiuto di alcune diapositive, il funzionamento dei sistemi
di sicurezza di una centrale atomica, per i quali è necessaria
l’energia elettrica: a Fukushima ciò è stato garantito dai
generatori diesel, fintanto che questi non sono stati allagati dalle
onde dello tsunami. Il professore, per il quale si è trattato di un
accaduto al quale “si poteva e si doveva resistere”, espone il
quadro della situazione attuale: le emissioni radioattive stanno
scemando e si sta lavorando alla seconda fase di raffreddamento dei
reattori, anche se i sistemi di decontaminazione non stanno
funzionando troppo bene (sono al 50% invece del 75%). A suo dire, la
struttura di controllo non era chiara e lo tsunami è stato
sottovalutato: c’è comunque da registrare la nota positiva
costituita dall’abnegazione di operatori e popolazione giapponese.
Per quel che riguarda l’Europa, invece, si prevedono revisioni e
stress test per le centrali nucleari. In generale il suo intervento
sembra improntato a ridimensionare, per non dire minimizzare, la
portata dell’incidente di Fukushima che la stampa, italiana e non,
avrebbe riportato con toni troppo catastrofici.
La
parola passa all’onorevoleStefano
Saglia, cui Bersanelli chiede quale sarebbe la strategia da dover
perseguire e quale invece quella realistica, alla luce dell’accaduto
e del referendum di giugno: qual è il livello di dipendenza
accettabile dall’estero? Il sottosegretario esordisce affermando che
demagogia e populismo andrebbero banditi dalla politica energetica,
accennando un’autocritica a sé stesso e al governo che dovrebbe
rincorrere più realismo e meno populismo, anche per quel che
riguarda l’attuale manovra economica (applausi dal pubblico). L’anno
scorso, in quella stessa sala, si parlava di rinascita del nucleare:
per lui è un dato di fatto che se si analizzasse la vicenda
giapponese e i vari fattori coinvolti, l’umanità farebbe bene a non
rinunciare all’energia atomica (ancora applausi). A detta di Saglia,
il primo risultato che si otterrebbe creando una strategia energetica
senza nucleare sarebbe un rallentamento nel contrastare i cambiamenti
climatici; inoltre se l’Europa vuole essere leader nella riduzione
della CO2 non può rinunciare all’energia atomica. Bisogna utilizzare
tutte le fonti disponibili, se viene eliminato il nucleare restano le
energie rinnovabili, che sono in crescita ma non saranno sufficienti
nel breve termine (20 anni). A suo dire, nel nostro Paese è stata
costruita l’architettura normativa per raggiungere l’obiettivo,
l’Italia è un’eccellenza nello sfruttamento delle rinnovabili e nel
piano energetico è presente anche l’incremento dell’efficienza
energetica, tuttavia l’utilizzo del gas rimarrà preponderante e il
Governo dovrà fare attenzione alla nuova geopolitica: a tal
proposito cita l’esempio della Libia. Il nucleare nel piano
energetico è ancora presente a livello di ricerca e Saglia spera di
ritornarvi una volta finita quella che lui definisce una “ubriacatura
collettiva”: applausi.
E’
la volta dell’intervento diGuido
Bortoni, Presidente dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il
Gas, che si focalizza sulle difficoltà dettate dall’incertezza che
caratterizza il panorama energetico: tra le tante variabili incerte
vi sono la crisi finanziaria ed economica, il recente incidente di
Fukushima ed il conseguente ripensamento sull’uso dell’energia
nucleare, l’evoluzione tecnologica che ha cambiato l’orizzonte delle
risorse, l’instabilità politica dei produttori tradizionali. Le
energie rinnovabili, sebbene possano essere competitive e possano
rappresentare una parte importante insieme all’efficienza energetica,
da sole difficilmente potranno dare una risposta alle sempre maggiori
rischiosità dei mercati energetici: un errore nel mix energetico non
causa un piccolo danno, in questo campo se si sbaglia si paga caro.
Il ruolo dell’Autorità consiste nel mettere in campo tutti gli
strumenti e le regolamentazioni di mercato che consentano di
ripartire il rischio tra i vari operatori del settore: nell’attuale
contesto di incertezza l’Autorità ha il compito di promuovere una
rete di protezione in grado di attutire gli shock e garantire il
funzionamento dei mercati.
E’
venuto il turno diPaolo
Togni, Presidente dell’associazione VIVA, che premette subito di
essere l’unico tra i relatori presenti a non avere funzioni di
controllo, condizione che lui stesso ammette essere frustrante, ma
che allo stesso tempo gli consente di dire cosa pensa: applausi e
risatine dal pubblico. E allora sentiamo quello che ha da dire il
professore, che tra le mille cariche del suo curriculum è stato
anche vice-presidente della Sogin, società incaricata della
dismissione degli impianti nucleari italiani e della gestione dei
rifiuti radioattivi. La prima premessa di Togni ricorda che
l’ambiente è uno strumento che va utilizzato e tutelato per il
futuro in quanto ne siamo fruitori ma non proprietari. Chi dice che
l’ambiente non è un costo è un mentecatto (testuale), anzi il costo
è alto e si deve avere il coraggio di pagarlo. Con la seconda
premessa il professore invece afferma che a fianco dell’aumento
crescente di energia, la popolazione è aumentata di 15 volte, ma non
solo: la gente non è mai stata così bene, la fetta di coloro che
stanno male è in diminuzione. Anche l’ambiente sta meglio e il
drastico miglioramento della qualità dell’aria nelle città è lì a
confermarlo: che non gli venissero a raccontare pertanto di
cambiamenti climatici, sui quali per Togni l’uomo non può incidere
in maniera significativa. Per il professore lo sviluppo è un bene in
sé che va garantito nel rispetto dell’ambiente, quindi bando ai
pauperismi. Lui stesso è pronto a scommettere che entro 50 anni le
attuali forme di inquinamento non esiteranno più, come la nuvola
nera che attualmente aleggia in Cina. Nel creare il mix energetico
occorre premere l’acceleratore sul carbone, affinare l’idroelettrico
e spingere sulle rinnovabili: migliorare l’efficienza energetica è
invece marginale perché l’Italia è già ai massimi livelli nel
mondo e un ulteriore sforzo al riguardo sarebbe troppo costoso. Il
problema delle rinnovabili si fonda sul rapporto costi/benefici: il
professore ritiene che ora ci sia un eccesso in questo campo, mentre
bisognerebbe ragionare sugli incentivi. E quando Togni propone di
abolire gli incentivi, il cui importo (pari a 100 miliardi)
coprirebbe due volte la manovra, sostenendo che così “stiamo tutti
meglio”, la platea applaude entusiasta. Il professore conclude
affermando che l’umanità ha progredito tramite sfide continue
(quella di Fukushima è una di queste) e ricordando al pubblico che
il Vangelo dice che il Padreterno non pone sfide più grandi di
quelle che si possono affrontare. Amen.
AGiuliano
Zuccoli, Presidente del Consiglio di Gestione di A2A, viene
invece chiesto da Bersanelli un esempio di come una utility può
agire al servizio del bene comune. Zuccoli, che ricordiamo anche come
Presidente della Edison (la società che ha proposto la centrale
turbogas di Corinaldo), ringrazia subito Ricotti per aver ribadito
che a Fukushima non ci sono stati morti. Il presidente comincia
presto ad infervorarsi quando assicura che loro non si sono ritirati
di fronte all’arroganza di chi ha utilizzato la faccenda giapponese e
parla della sua azienda che è soggetta a interessi che ne fanno
continuamente variare il valore. La produzione di energia stessa
subisce le conseguenze di interessi forti e delle speculazioni.
Zuccoli non capisce come si possa “buttare nel cestino” il
concetto di produrre energia da una piccola massa solo di fronte
all’ignoranza, ma deve comunque convenire che il nucleare in Italia
non si farà: bisogna quindi guardare pragmaticamente alla realtà e
non parlare di rinnovabili quanto di energia a basso costo non
inquinante (definizione nella quale rientrerebbe anche l’uso
dell’atomo). A suo dire, negli Usa non ci sono mai stati problemi,
mentre in Europa le posizioni sono differenti: ad esempio la Francia
ha un programma chiaro e non intende dismettere le proprie centrali.
Zuccoli ci tiene a dire che le radiazioni non si fermano alla
frontiera per mostrare il passaporto e riesce a strappare alla platea
risate e applausi. Per quel che riguarda il nostro Paese, l’Italia
semplicemente “non c’è”: bisogna superare il principio del
territorio, visto che il nucleare è un problema nazionale, le
centrali vanno fatte dove servono e non dove i sindaci sono contenti
di averle. Quanto al fotovoltaico, che è un settore arretrato, non
ha bisogno degli incentivi che vanno invece destinati alla ricerca.
Altra cosa che Zuccoli tiene a dire è che “stiamo arrivando
all’energia fai-da-te”, ma chi controlla questo sistema così
delicato? Che se poi manca il vento o il sole che facciamo, non
guardiamo la partita di Coppa? E dopo questo esaltante esempio
Zuccoli conclude affermando che bisogna smettere di tirare per la
giacchetta chi governa, “lasciamoli lavorare”: applausi ancora
più forti dei precedenti.
Bersanelli
procede quindi a fare un nuovo e breve “giro” tra i relatori su
opportunità e strategie in campo energetico. Inizia Togni, che
sostiene che per rilanciare un paese sia necessario ricorrere
all’indebitamento o al taglio delle tasse, non all’aumento di queste
ultime. Il professore ribadisce nuovamente la propria contrarietà
agli incentivi alle rinnovabili e sostiene che l’umanità non ha
nulla a che vedere con l’aumento della temperatura: che non gli
vengano a raccontare che per abbassarla di pochissimo sia necessario
spendere 100 mila miliardi entro il 2050. Per Togni questa “è la
più grande truffa del secolo”, e poco gli importa se la gente a
volte lo insulta per questo, tanto lui dice di esserci abituato.
Zuccoli dal canto suo ribadisce che le utilities sono realtà
importanti (ricorda l’esempio della fusione tra Milano e Brescia) e
chiede alla politica che li difenda dal violento attacco degli
operatori esteri che vedono l’Italia come un mercato. Ricotti
riassume la situazione dei paesi che manterranno o dismetteranno il
nucleare e ricorda che l’Italia dovrà partecipare a stress test e al
decommissioning. Quanto al titolo dell’incontro, il professore
sostiene che la parola “solo” in questo campo non esiste, ma è
necessario fare un giusto mix di energie. Ricotti esprime poi la sua
preoccupazione per il mantenimento delle competenze e conclude
citando il messaggino sms di un collega del Politecnico: “non c’è
certezza senza ragionevolezza”. Bortoni, che nemmeno
nell’intervento conclusivo perde l’occasione di infarcire il suo
discorso con parole tecniche anglosassoni (a discapito della
comprensione del pubblico, presumo) parla dello scenario serio che si
prospetta da qui al 2020 e del ruolo dell’Autorità che deve
garantire i consumatori e proteggerli dai picchi di prezzo
dell’energia. Il gran finale è affidato a Saglia, che auspica che
entro il 2014 le borse energetiche armonizzino i meccanismi di cambio
e venga costituito un mercato europeo. Inoltre il mix energetico
italiano è sbilanciato, quello europeo no. E ancora: se aspiriamo al
mercato europeo, che c’azzecca il titolo V della Costituzione Italia,
dove è previsto che la legislazione sull’energia sia concorrente tra
Stato e Regioni? Pur credendo nell’economia di mercato, Saglia
afferma che dovremmo fare un programma energetico nazionale che non è
una sovietizzazione del sistema (non sia mai, anzi gli scappa pure un
“viva il mercato”).
Bersanelli
conclude ringraziando i relatori, ricordando che il tema energetico è
stabile al Meeting e augurandosi che anche il prossimo anno ci sia
spazio, magari ancora più ampio, per un’iniziativa analoga. La sala
comincia a svuotarsi in buon’ordine ed esco anche io, pensando che se
proprio dovessi tornare a un incontro simile, stavolta mi porterei
dietro quantomeno una fiala di adrenalina: a risentire ancora
affermazioni simili ad alcune di quelle ascoltate in questa occasione
(parole contrarie non solo al buon senso, ma anche alla realtà dei
fatti) potrei incorrere in una reazione allergica non indifferente.
Cerco di smaltire l’esperienza appena fatta gironzolando con
l’imperturbabile figlia nel turbinio di gente che popola la
manifestazione, in attesa che arrivi l’ora di riprendere il treno.
Supero l’ennesimo espositore delle magliette del Meeting: ne vogliamo
parlare? Parliamone. Ce ne sono per tutti i gusti, taglie e colori:
quella più carina ritrae un faro e riporta lo slogan della
manifestazione, altre fanno il verso a “faisbuck”, su altre
ancora si legge “Dio c’è – ma non sei tu – rilassati!”. Come
resistere alla tentazione? Semplice, basta guardare il prezzo: 15
euro per gli adulti, 13 o 14 per le taglie più piccole. E se proprio
non volete rinunciare alla possibilità di “indossare il Meeting
tutto l’anno” ma siete dei poveracci, potete accontentarvi delle
magliette delle edizioni precedenti della kermesse ciellina, ve le
rifilano a soli 5 euro l’una. Ma se siete veramente alle strette e
non solo non vi potete permettere la maglietta, ma vi portate pure il
pasto da casa snobbando sdegnosamente i numerosi stands e ristoranti
della manifestazione, raccontate le vostre motivazioni a tal Massimo
Pandolfi, caporedattore de Il Resto del Carlino, che nel suoarticolo
– diario del Meetingsi stupisce della “potenza della crisi”
che costringe le persone a centellinare “anche le monetine da un
euro”: oh, caspita, è arrivata la crisi, che sorpresa! Crisi che
però non sembra attanagliare l’evento riminese nel suo complesso, se
è vero chein
una settimana sono confluiti nelle casse della manifestazione ben 38
milioni di eurotra donazioni, proventi e sponsor (privati e
pubblici).
E’
ormai arrivata l’ora di riprendere il treno, mi avvio alla stazione
insieme a tanta altra gente e penso: arrivederci Meeting, ci si
rivede nel 2017. Forse.
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