Considerazioni sulla sentenza del G8

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Confermate dalla
Cassazione le condanne per falso nei confronti dei vertici della
Polizia coinvolti nel pestaggio e negli arresti illegali alla scuola
Diaz durante il G8 di Genova del 2001.

E’ stata così
sostanzialmente confermata, nella parte più rilevante, la sentenza
emessa dalla Corte d’Appello di Genova il 18 maggio del 2010. Adesso
le vittime del pestaggio, circa 60 persone, hanno la strada aperta
per ottenere i risarcimenti dovuti e il Ministero dell’Interno aprirà
i procedimenti disciplinari a carico dei 25 imputati, anche quelli
prescritti.
La suprema Corte, invece,
ha dichiarato prescritte le condanne per le lesioni inflitte dagli
agenti.

Se la vicenda si conclude
da un punto di vista legale non si chiude certo dal punto di vista
storico e dei ricordi. Chi ha vissuto quei giorni (io solo il sabato
21 luglio 2001) non può certo dimenticare quei momenti di violenza.
L’impressione che abbiamo
sempre avuto è che ci fosse un modello politico di ordine pubblico
che puntava a delegittimare la piazza, magari dividendo i moderati
dai progressisti, inasprendo così i toni e scegliendo la
repressione.
Il governo Berlusconi
aveva paura del movimento non solo perché voleva difendere il summit
del G8 ma anche perché voleva evitare che quella piazza di luglio si
“trasformasse” in autunno in una piazza contro le scelte
economiche e sociali che quel governo stava preparando.
Così si spiega, a mio
avviso, la presenza di Gianfranco Fini e altri parlamentari di An
nella sala operativa di Genova nelle ore degli incidenti di strada.
Un fatto estremamente insolito ma che aveva l’aria di un messaggio
politico ben preciso alle forze dell’ordine: il governo è e sarà
sempre con voi a prescindere da quello che succederà.

Ci ha sempre stupito
difatti che nei giorni precedenti non fosse stato applicato nessun
tipo di prevenzione nei confronti della presenza del blocco nero di
cui si avevano già notizie. Alcuni cosiddetti black-bloc furono
lasciati liberi di scarrozzare per Genova e danneggiare la città già
dal giovedì, senza che le forze dell’ordine dessero l’impressione di
voler intervenire. D’altronde ancora oggi nessuno ha mai capito chi
fossero e da dove venissero questi “black-bloc”.

Ma la responsabilità dei
fatti del G8 non è da attribuirsi solamente al centrodestra: anche
il centrosinistra ha le sue responsabilità. Quella più
significativa è stata l’incapacità negli anni successivi,
soprattutto nel 2006 quando vinse le elezioni, di proporre una
commissione d’inchiesta su quella che in seguito sarebbe stata
definita la «macelleria messicana» di Genova.
Quel Parlamento del
secondo governo Prodi non aveva una maggioranza capace di votare una
richiesta di commissione sia perché l’Udeur e una parte dei moderati
della Margherita non si riconoscevano in quella battaglia, ma anche
per le pressioni del leader dell’Idv Antonio Di Pietro, allora
ministro, che fu uno dei più duri sostenitori dell’inutilità di una
commissione d’inchiesta.

Un’altra considerazione.
“Il mea culpa” dell’attuale capo della Polizia Antonio Manganelli
è sicuramente un bel segnale. Quello che infastidisce è il silenzio
di Gianni De Gennaro, l’allora capo della Polizia.
Tutti i condannati devono
ora lasciare il proprio posto; è vero, quello che allora era il
numero uno della Polizia, Gianni De Gennaro, non è stato condannato.
Non era imputato in questo processo: ma sono stati condannati tutti i
suoi più stretti collaboratori, coloro che da lui prendevano ordini
e che a lui rispondevano. La sua responsabilità sia sul piano etico
che professionale è fuori discussione. Al momento De Gennaro è
Sottosegretario del governo Monti con delega ai servizi segreti. Le
sue dimissioni sarebbero più che opportune.

L’ultima considerazione va
fatta sull’oggi. Dopo 11 anni da quei fatti mi sembra che le ragioni
che avevano indotto a manifestare in quella piazza di Genova fossero
più che fondate. Riflettendo oggi sulla situazione economica e
sociale che stiamo attraversando, le richieste che venivano fatte in
quell’estate 2001 hanno ora un sapore di “ve l’avevamo detto”!
Ma si sa che la politica
non ama ascoltare la piazza.