Mafia
La mafia è una sanguisuga
che prosciuga ogni anno nel Mezzogiorno centinaia di migliaia di
posti di lavoro e che causa una perdita di ricchezza incalcolabile.
Una zavorra per lo sviluppo economico, che in pratica impedisce al
Sud di raggiungere livelli di Pil che, senza mafia, sarebbero vicini
a quelli del Centro-nord.
Umberto Santino – anima
del Centro di documentazione Peppino Impastato – parla spesso di
“borghesia mafiosa”, espressione che non significa che tutta la
borghesia (siciliana e non) sia mafiosa, ma che una quota consistente
di essa con la mafia convive, fa affari e soprattutto non vuole
rinunciare a farlo.
Il volume d’affari della
mafia si aggira sui 138 miliardi di euro, con un utile che supera i
78 miliardi di euro al netto degli investimenti. Il solo ramo
commerciale sfiora i 100 miliardi di euro, pari a circa il 7% del Pil
nazionale. Stiamo quindi parlando di una vera e propria Holding che
fonda le sue ricchezze per 67,87 miliardi di euro su traffici
illeciti, per 60 miliardi sul traffico di droga, per 5,8 miliardi sul
traffico di armi, per 1,20 miliardi sul contrabbando e per 870
milioni sulla tratta di esseri umani.
In passato abbiamo
assistito all’attività di una mafia eversiva che si contrapponeva
anche militarmente allo Stato (come avvenne per le uccisioni di
Falcone e Borsellino) ma ora la situazione è molto differente. La
mafia è entrata in una fase di mimetizzazione, per farsi dimenticare
dall’opinione pubblica nazionale, ma soprattutto per nascondersi nei
meandri del fenomeno della globalizzazione, per mischiare meglio
flussi di denaro sporco e profitti dell’economia lecita,
sperimentando nuovi settori e nuovi territori di investimento.
La mafia sta diventando
sempre più un sistema economico integrato, grazie al suo sempre più
diffuso e stabile insediamento nei territori delle regioni più
ricche del Nord Italia e alla sua penetrazione in settori economici
prima sconosciuti, dalle “ecomafie” alle “agromafie”, fino
alle varie e più fantasiose forme di riciclaggio, senza dimenticare
mai le forme più tradizionali, come il racket e gli appalti.
Recentemente la mafia è
entrata prepotentemente nella gestione dei rifiuti, chiaramente
illeciti: la tipologia di rifiuti appartiene alle specie più
disparate, in particolare a quelli pericolosi. Gli illeciti accertati
nel corso del 2010 sono stati 30.824 con un incremento del 7,8%
rispetto al 2009: più di 84 reati al giorno, 3,5 ogni ora.
Purtroppo la maggioranza
delle persone crede che il problema riguardi sempre e solo il proprio
vicino. In realtà questo genere di problemi lo ritroviamo in alcune
forme anche nelle nostre zone. Nella stessa provincia di Pesaro e
Urbino sono stati confiscati dei beni alla mafia: segno che qualcosa
sta scricchiolando nonostante il nostro tessuto sociale sia ancora
forte.
La mafia cresce
soprattutto dove prevale la cultura del silenzio e oggi c’è il
rischio di penetrazione mafiosa anche nella nostra regione. Le
infiltrazioni mafiose nella Marche non sono ancora un fenomeno
allarmante, ma presentano comunque un andamento in crescita. Un ruolo
crescente viene svolto dalla mafia albanese e da quelle dell’Est
Europa, soprattutto nei settori della prostituzione e del traffico di
droga. La recente abolizione del certificato antimafia per le imprese
da parte del Governo non aiuta sicuramente la lotta alla criminalità
organizzata. Episodi inquietanti si sono verificati in questi anni,
dalla scoperta di una rete criminale che commetteva reati legati alla
contraffazione, al traffico di rifiuti pericolosi, alle estorsioni,
ai sequestri di droga, all’usura, alla prostituzione, ai reati ai
danni del patrimonio, ai traffici illeciti internazionali.
Sono episodi che non
bastano a definire le Marche una regione ad alta esposizione mafiosa
ma che sono sufficienti a suggerire la necessità di monitorare il
fenomeno, facendo leva su quello che da sempre è un punto di forza
della nostra regione: un tessuto sociale e produttivo vigile e
consapevole, fondamentale nel segnalare episodi ed intrecci sospetti.
In dieci anni, tra il 2001
e il 2010, i reati denunciati dai marchigiani alle forze dell’ordine
sono passati da 36.327 a 54.119 con un incremento del 49 per cento.
Più del doppio rispetto alla crescita dei reati in Italia (+21,1 per
cento). Insieme agli episodi criminosi aumenta il numero delle
famiglie che lamentano situazioni di disagio. Dal 13,2 per cento del
2001 si è passati al 15,5 per cento del 2010 fino al 17,6 per cento
dell’anno scorso. Si tratta di un’insicurezza che non è solo
percepita ma che poggia su situazioni reali, che hanno visto i reati
di criminalità diffusa aumentare in dieci anni del 46,6 per cento e
quelli di criminalità violenta (stragi, omicidi e tentati omicidi,
lesioni dolose, violenze sessuali, sequestri di persona, attentati,
rapine) fare un balzo in avanti del 73,3 per cento. Nel 2010 i reati
ambientali sono stati 682 (rispetto ai 530 dell’anno precedente),
le estorsioni sono state 113 mentre i reati riferibili in qualche
modo a forme di criminalità organizzata sfiorano i 500 episodi ogni
anno, con una media di 30 reati ogni 100 mila abitanti.
Un altro elemento al quale
prestare grande attenzione, oltre alle classiche aggressioni della
mafia alle imprese, è quello della mafia che si fa impresa,
condizionando fortemente i settori dell’autotrasporto, della
filiera agroalimentare, del comparto turistico ed alberghiero,
dell’edilizia.
Per non parlare
dell’emergenza usura, alimentata da una crisi economica che
costringe alla chiusura 50 imprese al giorno mentre l’indebitamento
medio per impresa è di 180 mila euro ed è cresciuto negli ultimi
dieci anni del 93 per cento.
E’ per questo che il
Gruppo Fuoritempo appoggerà la Legge di Iniziativa Popolare che dal
3 dicembre la CGIL promuoverà su tutto il territorio nazionale: una
proposta per l’emersione alla legalità e la tutela dei lavoratori
delle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata.
Una proposta di legge che vuole sfidare le mafie e il malaffare sul
piano economico e sociale visto e considerato che spesso i lavoratori
di queste aziende temono (comprensibilmente) la confisca con il
classico pensiero che “Con la mafia si lavora e con lo Stato
no!”.
Inoltre sarebbe importante
creare un “Osservatorio regionale antimafia” nelle Marche: si
tratta di una proposta di legge regionale presentata l’anno scorso
dal Partito Democratico e ripresa dall’Italia dei Valori, che però
non ha avuto seguito. Nel Centro Nord sarebbe il terzo osservatorio,
dopo quelli già istituiti in Lombardia ed Emilia Romagna. Potrebbero
farne parte rappresentanti istituzionali, delle associazioni
antimafia come “Libera”, delle forze sociali, sindacali ed
imprenditoriali. Uno strumento concreto per “misurare” le
infiltrazioni criminali.
Vorrei concludere questo
articolo con una riflessione. Non dobbiamo mai farci prendere dallo
sconforto di fronte a dati o avvenimenti negativi. Dobbiamo
ricordarci che i cittadini hanno degli alleati: istituzioni,
magistratura e forze dell’ordine. Certo, ci possono essere errori ed
esempi in cui questi alleati non hanno certamente dato il meglio di
sé. Nel nostro paese dove la corruzione equivale a circa 60 miliardi
di euro è possibile che le nostre istituzioni vengano coinvolte. Ma
dobbiamo ricordarci che gli esempi negativi sono sempre e comunque
una piccola parte. C’è un mondo silenzioso che invece si comporta
correttamente e ogni giorno compie il proprio onesto lavoro.
E’ per questo che il
Gruppo Fuoritempo insieme all’associazione LiberaMente promuoverà
nel mese di dicembre alcuni appuntamenti con Paola Marletta e Rosario
Barchitta.
Paola Marletta è una
rappresentante dell’associazione “Addio Pizzo Catania” mentre
Rosario Barchitta è un imprenditore siciliano che ha denunciato i
propri estorsori, iscritto alla lista “Pizzo-free”. Due
esperienze che testimoniano che le storie belle e positive esistono
ma che spesso non fanno notizia. Organizzeremo con loro incontri con
i ragazzi delle scuole, iniziative pubbliche e uno spettacolo
teatrale. Dare voce a persone coraggiose ma che rimangono sconosciute
al “grande pubblico” è il senso di questi appuntamenti e proprio
per questo abbiamo intitolato le nostre iniziative “Dal silenzio
dell’omertà al grido della legalità”.